Coronavirus, romano contagiato in Trentino: «Assurdo, c'era gente fuggita dalle zone rosse per sciare. E hanno ritardato la chiusura degli impianti»

"Mi sento polvere nel petto e specie la notte dolori in tutto il corpo". Un incubo, quello in cui è piombato Mattia Gabriele De Angelis, 29 anni, di Roma, colpito...

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"Mi sento polvere nel petto e specie la notte dolori in tutto il corpo". Un incubo, quello in cui è piombato Mattia Gabriele De Angelis, 29 anni, di Roma, colpito da coronavirus mentre era in Trentino.


Il giovane del quartiere San Giovanni era andato a lavorare in un noleggio sci molto conosciuto di Canezei in Val di Fassa.

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"Ero lì da dicembre - racconta a fatica mentre è ancora ricoverato a Rovereto lontano da tutto e tutti - il dieci marzo mi sono sentito male, avevo febbre, tosse, mal di gola, insomma tutti i sintomi del covid19 difficoltà a camminare e mangiare, ingoiare. Ho chiamato la guardia medica che mi ha dato okay, tachipirina e vitamina c. Ma la febbre saliva 37.8, 38, 39".
 

 
Mattia fa sempre più fatica a respirare. Nella casa che divide con altre persone a Penia, frazione di Canazei cala la paura, i familiari provano a farlo tornare a Roma ma non può più.

"Avevo sempre più affanno, alla fine hanno mandato un'ambulanza che mi ha portato nell'ospedale di Cavalese dove il tampone naturalmente è risultato positivo".
 

Era il 14 marzo. Il 15 è stato trasferito nel nosocomio di Rovereto, nel reparto di malattie infettive, "i medici e tutti gli operatori mi seguono con cura sono meravigliosi ma è tutto tanto doloroso. Miglioro, sono stazionario, tra alti e bassi, la febbre va e viene, è ancora lunga". 

Contagiato In Trentino rimasto a finora a margine della pandemia, con gli impianti chiusi solo il 10 marzo, Mattia ricostruisce: "Magari lo ho contratto nel negozio dove lavoravo, mi sentivo al sicuro anche se sono arrivate molte persone dalla zona rossa di Lodi, Codogno e Milano a noleggiare, qualcuno è scappato ed è venuto a sciare, poi dopo due giorni hanno riportato tutto e sono riscappati che stavano chiudendo la zona rossa. Te lo dicevano pure e io mi chiedevo, ma come fanno. Anche quando mangiavo con gli operatori, i gattisti, sentivo che c'erano dei positivi in giro ma hanno tenuto tutto nascosto per non far chiudere gli impianti e tutto". 


Ora è a Rovereto tra antivirali, flebo e punture. "Sono molto stanco, aspetto solo di guarire, devo riposare, sennò i dottori mi sgridano". Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero