Coronavirus, a Roma stretta negli ospedali: test anche fuori dallo Spallanzani

La pressione dei pronto soccorso romani è sempre più forte: bisogna fare i tamponi a tutti coloro che hanno i sintomi di una polmonite, altrimenti si ripeteranno...

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La pressione dei pronto soccorso romani è sempre più forte: bisogna fare i tamponi a tutti coloro che hanno i sintomi di una polmonite, altrimenti si ripeteranno altri casi come quelli del Policlinico Tor Vergata. Cosa è successo in questo ospedale della periferia romana? Un poliziotto di 50 anni si è presentato con mal di gola e febbre, è stato messo sotto osservazione, non ha informato i medici che aveva avuto contatti con la Lombardia, anche perché era un contatto indiretto per un viaggio di un familiare. I medici del pronto soccorso gli hanno fatto indossare mascherina e guanti, hanno consultato lo Spallanzani chiedendo se fosse il caso di eseguire il test sul coronavirus, ma la risposta è stata negativa.


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«Il problema di questa storia - osserva il professor Massimo Andreoni, direttore di Malattie infettive del Policlinico Tor Vergata e direttore scientifico di Simit (Società italiana malattie infettive e tropicali) - è che sia i miei colleghi del pronto soccorso, sia quelli dello Spallanzani, hanno rispettato le procedure e le indicazioni che fino ad oggi sono state date dal Ministero della Salute e dal Consiglio superiore di Sanità. Bisogna cambiarle e subito. E bisogna anche aumentare il numero dei laboratori che a Roma possono svolgere i test sul coronavirus».

In sintesi: attualmente un medico del pronto soccorso può sottoporre un paziente alla prova del tampone solo ci sono sintomi compatibili con quelli del Covid-19 e se si dimostra che c’è stato un contatto con le zone rosse del nord e con la Cina. Non solo: in tutto il Lazio solo l’Istituto Spallanzani può eseguire i test e dunque si crea un collo di bottiglia, almeno 24 ore per avere l’esito completo. «Ma s’immagina? - dice Andreoni - in un’emergenza come quella che sta vivendo il Paese, vanno inviati tutti i test allo Spallanzani, da Tor Vergata come da Viterbo o da Frosinone. E bisogna aspettare. Così non può funzionare. È urgente autorizzare subito almeno quattro altri laboratori a Roma e nel Lazio, aumentando la possibilità di svolgere i tamponi». Di qui la proposta di non applicare più in modo pedissequo le regole dei contatti con le zone rosse, ma di fare il tampone a tutti pazienti per i quali c’è solo il sospetto di una polmonite riferibile a un virus. Il poliziotto rimasto per tutta la notte in attesa al pronto soccorso di Tor Vergata rischiava, ovviamente senza alcuna responsabilità, di trasformare quella struttura in una nuova Codogno, dove il “paziente 1” di fatto ha originato un’epidemia. Ma troppi tamponi non rischiano di causare uno spreco di risorse? Replica Andreoni: «Sa quanti test ora siamo costretti a fare al Policlinico Tor Vergata per essere sicuri che non ci sia stato un contagio? Se i colleghi avessero avuto la possibilità di fare quello specifico, tutti gli altri sarebbero stati evitati».


Intanto, nei pronto soccorso romani sono utilizzabili i percorsi protetti e differenziati per i casi sospetti di coronavirus. Sono stati allestiti 31 tendoni (comprese le altre province del Lazio) dove i pazienti che presentano sintomi similifinfluenziali saranno indirizzati per una prima valutazione preliminare. «Contiamo in questo modo - spiega il primario di un grande ospedale - di evitare che vi siano contatti tra infetti e pazienti con altro tipo di necessità. Ma ricordiamolo sempre: chi sospetta di essere stato contagiato non deve prevenire in pronto soccorso, come prima azione, ma deve contattare i numeri dedicati, come il 1500 e, nel Lazio l’800118800».
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Il Messaggero