Coronavirus a Roma, la coppia cinese lascia lo Spallanzani: «La nostra cena romantica grazie ai medici italiani»

ROMA «Vorremmo cenare seduti al tavolo, insieme, grazie». Vis a vis, uno di fronte all'altra attorno al tavolino della loro nuova stanza al terzo piano della...

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ROMA «Vorremmo cenare seduti al tavolo, insieme, grazie». Vis a vis, uno di fronte all'altra attorno al tavolino della loro nuova stanza al terzo piano della Medicina Riabilitativa del San Filippo Neri, mano nella mano. Ricomincia da qui la nuova vita dei coniugi cinesi di Wuhan, i pazienti 1 e 2 affetti dal coronavirus in Italia, guariti e dimessi ieri dallo Spallanzani. Erano arrivati a Roma a fine gennaio per un viaggio sognato da tempo lungo il Bel Paese. Erano stati anche a Verona a rinnovarsi la promessa d'amore al cospetto di Giulietta e Romeo e ieri sera, primo giorno di una nuova vita, dopo essere stati quasi uccisi dal virus sconosciuto e risorti grazie ai medici dell'Istituto nazionale di Malattie Infettive e alla sanità italiana, hanno voluto ricominciare da una cena romantica. Come fossero davanti al Colosseo, che non avevano avuto nemmeno il tempo di vedere, oppure appartati in uno dei tanti dehors di via Veneto, l'ingegnere biochimico di 66 anni e la moglie 65enne umanista e appassionata d'arte, in attesa di iniziare oggi un percorso di riabilitazione neuromotoria, hanno mangiato fettine di carne, poco condita perché leggermente ipertesi, fagiolini e spinaci. Scherzavano tra di loro, sorridevano, si stringevano la mano: l'incubo ora è davvero finito.


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«I LOVE THIS HOSPITAL»
Alle cinque di ieri pomeriggio la coppia cinese ha lasciato quella che è stata la loro casa per 49 incredibili giorni. Lui - «che sta benissimo», come racconta, commosso, il direttore sanitario dello Spallanzani, Francesco Vaia - è saltato come un grillo dentro l'ambulanza di biocontenimento (utilizzata perché le altre sono continuamente impegnate nei trasporti di casi sospetti negli ospedali Covid). Raggianti, moglie e marito hanno alzato i pollici davanti agli operatori sanitari. «Amici, siete i nostri amici e angeli», hanno detto in inglese stentato. E poi la moglie, che ha iniziato a piangere, ha mandato un bacio ai medici: «I love you», «I love this hospital», «I love Italia». Un pensiero alla figlia che era corsa al loro capezzale quando le loro condizioni si erano improvvisamente aggravate il 3 febbraio e che, nel frattempo, è rientrata a Los Angeles: «Chissà quando potremo riabbracciarla». Per ora dovranno iniziare la riabilitazione, ne ha bisogno soprattutto lei. Nel nuovo scenario di pandemia, potrebbe essere difficile adesso ripartire dall'Italia.
La coppia proveniente dalla città focolaio mondiale del coronavirus atterra a Malpensa il 23 gennaio. I coniugi visitano Verona e Parma in pullman, poi proseguono per Firenze e con un Ncc approdano nella Capitale il 28 gennaio. Stanno già male, indossano le mascherine, non escono dall'hotel Palatino di via Cavour che li ospita. Il 29 sera arriva un'ambulanza a prenderli, quindi, la decisione del ricovero allo Spallanzani. «Mentre con il nostro direttore generale li salutavamo - aggiunge Vaia - mi è esploso letteralmente il cuore in petto, di gioia. Sono stati i primi ricoverati in Italia e i primi a essere guariti. È bastato guardarci per darci quell'abbraccio che oggi, per motivi di igiene, non possiamo scambiarci».
 

LA ASL ROMA 1

La sera del 29 gennaio quando era scattato il primo allarme coronavirus in Italia a presenziare alla task-force che doveva stabilire dove e come curare i pazienti 1 e 2, c'era anche Angelo Tanese, direttore generale della Asl Roma 1, l'azienda sanitaria locale competente per la zona dove i turisti infetti alloggiavano. «É come se adesso si chiudesse il cerchio di questa storia sanitaria iniziata proprio nella Roma 1», dice Tanese. «Appena questa mattina (ieri, ndr) lo Spallanzani ci ha comunicato che i due cinesi erano dimissibili - aggiunge - ci siamo sentiti con l'assessore Alessio D'Amato e abbiamo condiviso di potere garantire loro la riabilitazione nel nuovo reparto, inaugurato di recente e molto valido dal punto di vista scientifico. Già domani faranno i primi esami di controllo, non sappiamo quanto durerà la loro degenza. Abbiamo ritenuto di dare loro una sistemazione comune, che hanno molto apprezzato. Stanno bene, non hanno limitazioni, per loro valgono le precauzioni che tutti dobbiamo adottare nella tutela del rapporto operatore-paziente. Oggi sono apparsi di ottimo umore, sono arrivati nel tardo pomeriggio, hanno subito cenato e alle otto già dormivano».

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Il Messaggero