Fregene, la crisi mortale degli stabilimenti balneari: «Per noi zero finanziamenti»

Il degrado sulla spiaggia di Fregene
«Zero tutele, ora salvate il turismo». I balneari lanciano il loro grido di allarme. Dopo l’indotto aereoportuale, il turismo balneare comunale con i suoi 120...

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«Zero tutele, ora salvate il turismo». I balneari lanciano il loro grido di allarme. Dopo l’indotto aereoportuale, il turismo balneare comunale con i suoi 120 stabilimenti rappresenta uno dei principali settori economici. E stavolta, a prescindere di quando e come ripartirà la stagione estiva, molti rischiano di non arrivare all’appuntamento. «Per ripartire avremmo bisogno di liquidità da investire su lavoro e servizi – spiega il presidente di Federbalneari Fiumicino Sarah Lollini – ma il decreto liquidità, prevedendo finanziamenti a 6 anni, non è attuabile per le nostre aziende gravemente penalizzate dalla mancanza di proroga delle concessioni, in scadenza a fine 2020. Quale banca potrebbe prestare denaro se il prossimo 31 dicembre l’attività decade? Inoltre c’è l’altro grave problema dei dipendenti stagionali, le norme sulla cassa integrazione escludono tutti gli stagionali, i beneficiari sono solo i dipendenti assunti alla data del 23 febbraio 2020. Così tra Fregene, Maccarese, Focene, Passoscuro e Fiumicino ci sono circa 3mila lavoratori impossibilitati a essere riassunti, quindi disoccupati e tagliati fuori da ogni tipo di ammortizzatore sociale e senza considerare i dati dell’indotto. Così si mina la sopravvivenza stesse delle aziende e il diritto al lavoro di migliaia di famiglie». Un minimo di ossigeno poteva arrivare a una decina di gestori di Fregene dai fondi stanziati dalla Regione Lazio per gli «eventi eccezionali calamitosi» di ottobre 2018.

«Con la pubblicazione a fine 2019 sul Bollettino regionale sembrava che i contributi potessero arrivare da un momento all’altro – spiega un gestore la cui struttura è stata colpita da una tromba d’aria – invece, nonostante la documentazione consegnata, non abbiamo più saputo nulla, non erano grandi cifre ma potevano fare comodo ora». Specie dopo un inverno complicato per la costa di Fregene Sud e per il resto del litorale, ancora una volta martoriato dall’avanzata del mare. Cabine, ristoranti, piscine, molto è stato danneggiato dalla forza delle onde con l’emergenza coronavirus a dare il colpo di grazia finale a una possibile risalita del settore. 

Altra incognita non di poco conto è rappresentata dall’impossibilità per i gestori dall’ordinanza regionale di poter accedere agli stabilimenti e fare manutenzione: «Nessuno sembra rendersi conto del lavoro che c’è dietro spiagge pulite, attrezzate e pronte ad accogliere i clienti – spiegano a Federbalneari – non si allestisce un arenile in dieci giorni, ci vogliono mesi». Per questo la categoria ha sollecitato la Regione Lazio a poter riprendere quanto prima l’attività di manutenzione degli impianti. «Una decisione presa già da tempo da altre regioni come l’Emilia Romagna e seguita ieri dalla Liguria – aggiungono i gestori – del resto solo per togliere tutte le macerie lungo Fregene Sud e riparare i danni ci vorranno molte settimane. Sempre ammesso che ci si arrivi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero