Coronavirus, a Roma la fase-due di bar e ristoranti: percorsi per l'asporto e “risto bond"

Divisori trasparenti tra i tavoli. Percorsi dedicati per raggiungere il bancone, scegliere il pranzo o prendere cappuccino e brioche, pagare e consumare il pasto a casa o in...

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Divisori trasparenti tra i tavoli. Percorsi dedicati per raggiungere il bancone, scegliere il pranzo o prendere cappuccino e brioche, pagare e consumare il pasto a casa o in ufficio. Ma anche “risto bond”: pago la cena oggi nel locale che voglio sostenere per consumarla poi, quando riaprirà, e rivalutata. Perché la ripartenza post Covid-19 di bar e ristoranti a Roma si immagina proprio così. «Si ripartirà dall’asporto per due motivi: rimettere in moto le aziende anche da un punto di vista sociale e far tornare al lavoro i dipendenti, ora in cassa integrazione a nove settimane», sottolinea Claudio Pica, presidente della Fiepet Confesercenti. «La città tornerà lentamente alla normalità, cambiando abitudini nella massima sicurezza». Già, perché ad oggi l’asporto non è consentito. «Ad oggi è consentito il solo delivery. Stiamo cercando di trovare una sponda ragionevole sull’asporto: non si capisce perché se oggi posso fare due ore di coda al supermercato, non posso invece comprare un piatto pronto al ristorante», spiega Luciano Sbraga, direttore Fipe Confcommercio di Roma.

 

I locali della Capitale studiano la fase-due degli effetti coronavirus, quando sarà. I conti, specialmente per il centro storico della Capitale che più vive di turismo, sono impietosi. Fiepet Confesercenti calcola che un pubblico esercizio di Roma incassa inmedia 1.500-2.000 euro al giorno, da moltiplicare per le 20mila aziende presenti sul territorio. Un potenziale da 40 milioni di euro ad oggi giocoforza congelato. E allora meglio prepararsi per tempo ad una ripartenza “protetta”. Che sia per accogliere i residenti rimasti orfani del bar sotto casa o i lavoratori che torneranno in uffici o negozi o che sia per ospitare nuovamente lavoratori e turisti. «È evidente che, almeno subito, non tutto tornerà come prima - sottolinea Pica - Quindi il commercio sul territorio e soprattutto nel centro storico se vorrà riprendere velocemente dovrà adeguarsi alle eventuali misure di sicurezza. Stiamo pensando a diverse soluzioni. Abbiamo preso accordi con le aziende produttrici per installare delle paratie tra i tavoli e dei divisori tra le sedute e il cibo da asporto, valutando ingressi contingentati dove l’utenza ordina e paga: il prodotto gli viene servito in modo da essere consumato all’esterno del locale». E comunque sarà una ripartenza difficile, «anche a caro prezzo perché significherà lavorare a regimi più bassi, con incassi magari ad un terzo, con la possibilità anche di riduzione del personale».

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Allora a maggior ragione si lavora all’oggi pensando al domani. Così in Confcommercio nasce l’idea dei “risto bond”. «È l’acquisto di una obbligazione da parte del ristorante: io compro oggi una cena per consumarla domani, quando il locale sarà aperto - spiega Sbraga - E a fronte di questo il mio ristoratore di fiducia riconosce un valore superiore a quello che ho pagato, del 20-25 per cento. Se oggi spendo 50 euro, domani consumerò per 60. È un po’ come adottare il ristorante di fiducia, una via di mezzo tra un atto di acquisto e un atto di solidarietà: lo faccio perché voglio sostenerlo, perché oggi le attività sono in grande sofferenza». L’associazione creerà una piattaforma ad hoc entro questa settimana e poi si partirà, pensando a come cambierà il domani. A partire proprio dal mantenimento delle distanze nei locali fino all’uso delle mascherine. «Se si prevede l’uso di protezioni - aggiunge Sbraga - poi ci saranno mascherine effettivamente disponibili? E se si prevederà il mantenimento della distanza interpersonale, come andrà applicata? Vale anche tra clienti di uno stesso tavolo, come possono essere marito e moglie? Va garantita solo quando il cliente esprime soggettivamente questa necessità? Di sicuro ci adegueremo ai principi di sicurezza che ci verranno indicati, e anche al buon senso. Si prevederà la sanificazione dei locali, come la presenza di prodotti igienizzanti per i clienti e per i lavoratori. Si aprono nuovi scenari». A partire dal cambiamento dei flussi e dal pagamento dei tributi. «Se un locale lavora la metà di prima - osserva Sbraga - pagherà la stessa tassa dei rifiuti di prima?».



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Il Messaggero