Coronavirus, maxi processo a clan Casamonica va avanti: udienze in aula bunker a Rebibbia

Coronavirus, avanti con il maxi processo a clan Casamonica: udienza in aula bunker a Rebibbia
Il giudice a capo del collegio che si sta occupando del maxiprocesso al clan dei Casamonica, gruppo criminale attivo nella zona di Roma est, e che vede imputate 44 persone,...

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Il giudice a capo del collegio che si sta occupando del maxiprocesso al clan dei Casamonica, gruppo criminale attivo nella zona di Roma est, e che vede imputate 44 persone, decreta che le due udienze previste la prossima settimana dovranno essere celebrate regolarmente nonostante l'emergenza Coronavirus - ma non a nella Città giudiziaria capitolina, bensì nell'ampia aula bunker situata nel complesso di Rebibbia -; ma uno degli avvocati, Giosuè Bruno Naso, difensore di 19 degli imputati, impugna questa decisione e chiede la revoca del provvedimento, anche perché «difetta dei presupposti previsti dal decreto emanato in questi giorni in merito all'attività giudiziaria».


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Sta scatenando polemiche questo "passaggio" di un processo che allo stato è uno dei più importanti in corso nella sede giudiziaria capitolina, con accuse che vanno dall'associazione mafiosa dedita al traffico e allo spaccio di droga, all'estorsione, usura e detenzione illegale di armi.

Ieri la presidente del collegio, Antonella Capri, ha emesso un provvedimento con il quale, letto il decreto dell'8 marzo scorso sulle misure di contrasto al Coronavirus e sugli effetti per lo svolgimento dell'attività giudiziaria, ha ritenuto che le udienze del 17 e 19 marzo prossimi si debbano svolgere regolarmente, rientrando la questione «tra le ipotesi eccezionali» indicate dal decreto legge di riferimento «atteso che diversi detenuti hanno formulato espressa richiesta che si proceda».

 

Da ciò il fatto che, secondo il giudice, «l'aula bunker B presso il plesso distaccato di Rebibbia consenta più facilmente di rispettare le prescrizioni sanitarie dettate per il contenimento dell'emergenza epidemiologica del COVID-19, fra cui assicurare il rispetto della distanza di almeno un metro tra coloro che sono tenuti ad intervenire per lo svolgimento dell'udienza (imputati a piede libero, difensori, pubblici ministeri, testimoni, trascrittori, assistenti di udienza e giudici)».

Immediata la reazione dell'avvocato Giosuè Bruno Naso, il quale con una propria istanza ha chiesto la revoca del decreto. Secondo il penalista «la locuzione 'diversi detenutì nella sua genericità lascia palesemente intendere che non tutti i detenuti del procedimento abbiano formulato» la richiesta di celebrazione delle udienze in questo periodo; e quindi «non consente di ritenere realizzata la situazione processuale che giustifichi e consenta la richiamata eccezione alla regola».


Al più «tale eccezione sarebbe possibile esclusivamente per coloro i quali ne abbiano fatto espressa richiesta e non certo per chi invece intenda avvalersi delle disposizioni dettate a tutela della salute individuale e pubblica, messa palesemente in pericolo dalle modalità di celebrazione delle udienze, sia avuto riguardo alla posizione degli imputati detenuti ancorché collegati mediante video conferenza, sia soprattutto avuto riguardo a quella dei difensori chiamati a presenziare nell'aula di udienza».
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Il Messaggero