Roma, così la camorra truccava il concorso per guardie carcerarie

Roma, così la camorra truccava il concorso per guardie carcerarie
Il sospetto è che la camorra abbia tentato di infiltrarsi nelle carceri italiane e che per farlo abbia intrapreso la via ordinaria del concorso ministeriale. E non è...

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Il sospetto è che la camorra abbia tentato di infiltrarsi nelle carceri italiane e che per farlo abbia intrapreso la via ordinaria del concorso ministeriale. E non è un caso che il fascicolo sullo scandalo della selezione per 400 agenti di polizia penitenziaria, sospesa dal Dap perché 88 concorrenti sono stati trovati durante le prove con radiotrasmittenti, auricolari, bracciali con le risposte ai quiz, cellulari contraffatti, cover dei telefonini con le soluzioni, sia all'esame della procura distrettuale antimafia della Capitale. A coordinare l'indagine a carico degli 88, che alla fine di aprile erano sbarcati alla Fiera di Roma dalla Campania per superare le prove, è il procuratore aggiunto Michele Prestipino.


I SOSPETTI
Sono state le dichiarazioni di alcuni dei concorrenti finiti sotto accusa e i primi accertamenti sui candidati, bloccati all'esame con le risposte in tasca, a suscitare i sospetti della magistratura. I nomi di terze persone coinvolte, rivelati proprio dagli indagati che non hanno potuto negare le circostanze, avrebbero portato gli inquirenti dritto ai clan. La procura ipotizza che dietro alla falsificazione dei test potesse esserci una vera e propria connection che puntava a inserire uomini dell'organizzazione all'interno delle carceri. Le verifiche sono ancora all'inizio ma Prestipino potrebbe decidere in tempi strettissimi di modificare in associazione mafiosa il reato nel fascicolo inizialmente aperto per falso e tentata truffa.

Le indagini puntano anche ad accertare eventuali complicità all'interno del Dipartimento. A suscitare allarme e forti dubbi sulla possibilità di infiltrazioni della criminalità orgnizzata sono state anche le cifre che sarebbero state pagate per ottenere le soluzioni ai test. Troppo elevate per trattarsi di semplici mazzette e ordinaria corruzione. In alcuni casi raggiungerebbero i 25mila euro. Soldi che difficilmente un normale concorrente, che abbia la licenza media, può permettersi di pagare per superare un concorso.Gli accertamenti riguardano pure la ditta che si era aggiudicata l'appalto per le selezioni, anche quella con sede in Campania e le idoneità fisiche ottenute dai candidati.
 
PROVA SOSPESA
Il concorso, che si è svolto dal 20 al 22 aprile, è stato sospeso dallo stesso Dipartimento dopo la verifica delle irregolarità. Intanto il ministro della Giustizia, Andrea Orlando, ha chiesto una relazione urgente a Santi Consolo, responsabile del Dap, per chiarire tutti gli aspetti della vicenda. Adesso spetterò all'Avvocatura dello Stato, interpellata dal Dipartimento, prounciarsi e stabilire se sia possibile annullare la prova. Nei prossimi giorni dovrebbero arrivare le prime risposte, ma riguarderanno soltanto, il piano amministrativo. Le indagini invece risultano molto più complesse.

LA DENUNCIA
Ad accorgersi di quanto stava accadendo nei locali della Nuova fiera di Roma, nei tre giorni delle prove, è stato il personale della stessa amministrazione penitenziaria, che, dopo le voci circolate alla vigilia del concorso, aveva predisposto una task force del Nic, il Nucleo investigativo centrale del Dap, e da due commissari. Dopo lo scandalo, anche i controlli rinforzati hanno suscitato i dubbi e le domande da parte di alcuni sindacati di polizia penitenziaria, come il Sappe, che adesso premono per l'annullamento del concorso.


Alle prove per 400 posti (300 uomini e 100 donne) hanno partecipato undicimila persone. Tutti e tre i giorni, le operazioni di verifica e il sequestro del materiale, da personale della polizia penitenziaria, hanno allungato a tal punto i tempi di svolgimento dell'esame che le prove sono andate avanti fino a notte fonda, le tre del mattino il 22 aprile. È stato lo stesso Dipartimento, dopo un'indagine interna, a inviare gli atti in procura. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero