Roma, Campidoglio, microchip sulle auto blu

Roma, Campidoglio, microchip sulle auto blu
Di rottamarle, non se ne parla. Ma che almeno siano controllate a dovere. Il M5S è pronto a mettere il microchip sulle “auto blu”. Per evitare che qualche...

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Di rottamarle, non se ne parla. Ma che almeno siano controllate a dovere. Il M5S è pronto a mettere il microchip sulle “auto blu”. Per evitare che qualche boiardo del Comune sia tentato di usarle di straforo, per fini, come dire, domestici o per diletto: famiglia, shopping, pranzi riservati. L’aneddotica è varia. Archiviato l’antico slogan per cui la berlina di servizio è sinonimo di casta e quindi altolà, tutte allo sfascio, i grillini del Campidoglio ora propongono di installarci un «geolocalizzatore», per tracciarne in tempo reale gli spostamenti. Come già avviene per i bus dell’Atac e come si sta tentando di fare, da anni, per i camion dei netturbini, tra i mal di pancia di qualche sindacalista.


La mozione dei 5 Stelle sarà discussa in Assemblea capitolina martedì prossimo. E impegna «la Giunta a promuovere l’installazione di dispositivi di geo-localizzazione sui veicoli di proprietà di Roma Capitale e delle società partecipate in quanto amministrazione controllante». Si va dalle auto di servizio - che in Campidoglio in realtà sono bianche e non blu - su cui si accomodano dirigenti e funzionari comunali (e ovviamente gli assessori), ai camion del Servizio Giardini, fino alle vetture sfruttate dai dipendenti delle municipalizzate. Tutto, d’ora in poi, dovrebbe essere tracciato col Gps. La filosofia è chiara: più controlli. E meno abusi. Altra novità, in questa direzione: per rendere le macchine riconoscibili - e scoraggiare i furbi - le etichette con scritto «autoparco di Roma Capitale» saranno incollate su tutta la flotta, comprese le 93 vetture ordinate dal Campidoglio nel settembre scorso, col bollino della giunta di Virginia Raggi.


Qualche manager e quadro di alta fascia ha già arricciato il naso. Si tirano in ballo norme e cavilli che impedirebbero al datore di lavoro, viene sostenuto, di controllare così da vicino l’attività dei sottoposti. «Si viola la nostra privacy», è il refrain. I promotori della stretta però non sono d’accordo. «Il geolocalizzatore - dice Andrea Coia, presidente della Commissione Commercio del Comune e firmatario della mozione - tutelerà gli stessi lavoratori, questi sistemi moderni saranno utili per capire come rendere più funzionali i servizi e la città».  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero