Il passaggio è molto delicato perché ha una serie di «variabili impazzite». Ma i consiglieri del Pd - o meglio i “reduci” dalle inchieste e i nuovi entrati - hanno in...
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LA SVOLTA
Altrimenti? Altrimenti il gruppo dem rimetterà nelle mani del premier e segretario del Nazareno il proprio mandato in Aula Giulio Cesare. Ergo le dimissioni di massa. Un modo per uscire dal cul de sac in cui si è ficcata l'intera amministrazione. Spronando da una parte il sindaco ad andare avanti, con impegni precisi, e dall'altra dimostrando al presidente del Consiglio che il gruppo del Pd non è appiattito sulla giunta. In questi giorni, quelli del grande gelo nonostante la temperatura tropicale, più di un consigliere è stato realista: «Così è inutile andare avanti, meglio mollare subito, tanto non saremo comunque più ricandidati». Timori che avevano fatto circolare la voce di una possibile mozione di sfiducia «a Ignazio» da votare insieme all'opposizione. «Ipotesi che non accadrà mai», come ha subito smentito Matteo Orfini, appena ha subodorato il malessere di diversi consiglieri. «Il passaggio è complicato», ammettono in maggioranza.
Per via delle famose variabili impazzite: la prima è legata alla reazione del sindaco davanti a quello che potrebbe essere letto come un vero e proprio ultimatum. La seconda riguarda le mosse di Renzi davanti a questa scelta così dirompente. Di sicuro il gruppo Pd sa che ora serve «la fase del movimento». Domenica sera del palco della Festa dell'Unità il capogruppo dem Fabrizio Panecaldo, il nuovo mister Wolf del Campidoglio, ha detto testuale: «Nelle prossime settimane il gruppo consiliare del Pd farà qualcosa, ci metteremo al centro della discussione. Vogliamo continuare ad andare avanti e ci metteremo in gioco tutti quanti». L'intenzione è quella di riunirsi per elaborare una proposta per uscire dall'impasse dell'essere stretti tra due fuochi. Una proposta, dunque, «che vada a bene sia a Marino che a Renzi». Variabili impazzite a parte. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero