«Hanno fatto bene a chiudere la pista: dopo il crollo di parte del muraglione, quel tratto era divenuto pericoloso. A distanza di più di due mesi, però, non...
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IL CAMMINAMENTO
Accanto al tratto chiuso della ciclabile, infatti, alcuni utenti hanno aperto un risicato camminamento sull'argine, senza alcuna protezione, indicando con pennarello su un cartone di fare attenzione. Ed è lì che, bicicletta alla mano, passano i ciclisti, bambini inclusi, quando si trovano davanti al percorso sbarrato. Così, questa mattina per chiedere per l'ennesima volta la riapertura del tratto i volontari hanno organizzato una pedalata di protesta con partenza da Ponte Sublicio, proprio dal punto dell'interruzione, e arrivo a Ponte Sisto, dove la marcia proseguirà con visita guidata all'opera di William Kentridge per unire al controllo di decoro, pulizia e sfalcio, il ricordo della bellezza del percorso. «Siamo favorevoli alle iniziative per le ciclabili, come il Grab - prosegue Girolami - ma la pista Tevere è un fiore all'occhiello per Roma, apprezzata e usata da turisti e da chi pedala per svago, ma pure da gente che lavora, podisti e da ciclisti diversamente abili. Ora tutto è fermo. Poche ore fa, non a caso alla vigilia della manifestazione, ci è stato comunicato che l'assessore capitolino alla Città in Movimento Linda Meleo ha sollecitato un intervento alla Regione. Si parla solo di sollecito, però, senza scadenze».
L'ABBANDONO
I volontari, intanto, raccolgono dati e documenti per raccontare la storia dello stato di abbandono in cui versa la pista a causa della dimenticanza dell'amministrazione, ma anche la loro virtuosa autogestione. «Sono cinque anni che ci occupiamo dello sfalcio, autotassandoci: provvediamo alla manutenzione del verde e vuotiamo i cestini. Quando la gente ci vede operare con i fratini, pensa che finalmente siano arrivati gli addetti, invece non è così, siamo solo cittadini volenterosi. Ed è giusto che si sappia. Le amministrazioni, tutte, di qualsiasi orientamento politico, ci hanno lasciati soli. Bisogna fare chiarezza». E bisogna risolvere il problema. «La pioggia di pietre continua - aggiungono i volontari - Non basta collocare una transenna per mettere in sicurezza un luogo. Occorre intervenire e in tempi rapidi. Qui non si è mai visto nessuno». Si vedono, però, tanti ciclisti, pure molto giovani, passare sullo sterrato, correndo il rischio di cadere nel fiume, per evitare le transenne. «Non vogliamo sostituirci all'amministrazione ma siamo stanchi». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero