La casina del Papa è nel boschetto

La casina del Papa è nel boschetto
Al massimo, qualcuno le getta un'occhiata dai finestroni della Galleria delle Carte geografiche in Vaticano: non è nei normali percorsi dei turisti, ci si arriva solo...

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Al massimo, qualcuno le getta un'occhiata dai finestroni della Galleria delle Carte geografiche in Vaticano: non è nei normali percorsi dei turisti, ci si arriva solo con le visite guidate, o in casi eccezionali. Ma la casina di Pio IV, nel mezzo dei giardini dei papi, ha una storia unica, e costituisce pure un unicum architettonico, perfettamente conservato. Risale al 1558, e ad un altro papa: la vuole, ultra ottantenne, Paolo IV Carafa: aveva bisogno d'un luogo appartato, nella frescura di un boschetto, per le ultime estati. Non ha il tempo di terminarla; arriva papa Pio, vi dissemina 25 iscrizioni e stemmi, e diventa famosa con il suo nome. Sono quattro eleganti fabbricati uniti da scale, splendidamente pensati da Flaminio Ponzio e arredati, del tutto, con marmi e rilievi; un ninfeo delizioso e fresco, tanto che, nel Settecento, la definivano «la fabbrica in mezzo all'acqua».


LE OPERE
Pio IV, dei Medici di Milano, è al potere solo sei anni; ma la sua attività edificatoria non ha requie. A lui si deve, per dirne poche, l'ampliamento delle Mura vaticane: include anche Borgo, apre Porta Castello; allarga perfino il ghetto del predecessore, severissimo e oggi si direbbe un po' di destra. Al Medici si deve anche Porta Pia, commissionata a Michelangelo, l'intero rione di Borgo e la nascita della Stamperia del popolo romano, la riforma della musica sacra, il sorgere di Santa Maria degli Angeli, che cristianizza quanto restava delle Terme di Diocleziano. Edifica via di Porta Angelica, e conclude la Casina, che oggi ne reca il nome. Era in un bosco, che oggi si fatica a apprezzare; una fontana per lato e uno splendido ninfeo. Con l'originalità dell'architettura, e la magnificenza dei decori, ne fanno un testo artistico assolutamente senza pari. Pirro Ligorio, architetto pontificio, era pure archeologo e pittore; allievo di Baldassarre Peruzzi; grande gusto per l'antico: il suo capolavoro è villa d'Este a Tivoli. Questo è un luogo di grande riservatezza. Dalla loggia, due scale collegano con gli ingressi retrostanti. Attorno al grande cortile centrale, ellittico, una fila di panchine, per sedersi.

I MATERIALI
Le quattro costruzioni attorno, di due piani; un luogo per una cappella; un padiglione aperto su tutti i lati: colonne e circondato da una peschiera; una simmetria assoluta, non turbata nemmeno dall'altana seicentesca, e da un nuovo edificio, nato nel 1931, per le sessioni plenarie dell'Accademia delle Scienze, fondata nel 1603 che ha qui sede dal 1923. Sul cortile ovale si affaccia la loggia o museo: Casa delle Muse, con Calliope nella finta finestra centrale. E dentro, le sale: una affrescata da Taddeo Zuccari, e altre con i monumenti completati da Pio IV, e tante simbologie. Le superfici esterne sono trattate come se fossero pitture: tutte con rilievi; Ligorio non distingue tra architettura e decorazioni. Marmi, mosaici, conchiglie, intarsi, stucchi, dipinti quasi con un «horror vacui», il timore di lasciare superfici disadorne. Statue e rilievi simbologici; un Mar Rosso il cui attraversamento evoca il Battesimo; pitturano anche Santi di Tito, Giovanni Schiavone, Federico Barocci, in cornici che sono partizioni a stucco.

IL BOSCO

Nella cappella, otto Apostoli e le allegorie della Chiesa e della Pace. Ma ai decori sacri, si mescolano quelli pagani e mitologici. Sculture antiche in ogni dove, anche una Diana Efesina che è realizzata con ciottoli gialli nel vestibolo. Un inno all'umanesimo, i ricordi del paganesimo durante il Rinascimento, lo spirito della Controriforma. Pirro aveva acquistato statue remote proprio per il luogo; ma ne sono rimaste assai poche, già Pio V Ghisleri rimuove quelle più pagane: una trentina le dona al popolo romano e altro manda al Granduca di Toscana. Attorno, un tempo, solo bosco e un giardino; ahinoi, restano solo aiuole e praticelli. E non mancava una collezione di piante rare ed esotiche; arriva per occuparsene anche Michele Mercati: coltivava 470 specie botaniche, piante e fiori giunte da tutto il mondo; ma dal 1629 tutto questo verde non esiste più. Se la nostra fosse una guida, tre stelle: vale assolutamente la visita.

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Il Messaggero