Gli esponenti del clan Casamonica non parlano. Nemmeno una risposta alle domande del gip, nella saletta dedicata del carcere di Rebibbia dove si svolgono i primi interrogatori di...
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A raccontare della rete creata dai Casamonica è uno dei due pentiti. Massimiliano Fazzari sentito dai magistrati ha spiegato come nell'organizzazione funzionasse «come in Calabria». «Ognuno ha i suoi compiti - ha spiegato agli inquirenti - hanno un organigramma e soprattutto hanno un capo, proprio come i malavitosi calabresi». Altro elemento che sembra avvicinare il clan ai grandi gruppi criminali è l'assoluta disponibilità di armi. Tutti gli affiliati del gruppo erano in possesso di pistole. È sempre il collaboratore di giustizia a confermarlo. «So che sono tutti armati. Perché io ho tentato di venderne a loro ma mi dissero 'a noi non ci servono, ne abbiamò. Ne erano pieni». Dinamiche che ricordano le realtà consolidate della criminalità organizzata. Un modus operandi riconosciuto anche dalla Direzione Investigativa Antimafia che nel suo ultimo rapporto semestrale ribadisce come a Roma si evidenziano sempre più organizzazioni come quelle in Sicilia, Calabria e Campania. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero