Casamonica, chiesa semivuota e nessuno sfarzo al funerale di Luciano: niente cavalli né petali di rosa

Alla Romanina l'addio al fratello di Vittorio "Re di Roma": fra i pochi mazzi di fiori c'è quello di Armando Spada

Casamonica, chiesa semivuota e nessuno sfarzo al funerale di Luciano: niente cavalli né petali di rosa
Stavolta nessuna carrozza nera, trainata da sei cavalli né i petali lanciati sulla città né, tanto meno, la melodia del Padrino ad accompagnare il carro...

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Stavolta nessuna carrozza nera, trainata da sei cavalli né i petali lanciati sulla città né, tanto meno, la melodia del Padrino ad accompagnare il carro funebre nel suo ultimo viaggio. Perfino i fiori sono contenuti e ci sarebbe da che stupirsi se non fosse per il dettaglio sui "mittenti" a sottolinearne comunque la "caratura". L'unica corona di rose è quella del nipote Antonio e della moglie Virginia, fra i pochi mazzi di fiori c'è quello di Armando Spada. Avrebbero voluto un funerale pubblico, aperto ma non è stato loro consentito. Quindi solo i familiari "stretti" e qualche volto noto alle cronache giudiziarie si ritrovano alle 11 in punto in quella parrocchia nascosta dal parco della Romanina alle spalle di via Salvatore Barzilai. È qui nel loro quartier generale che ieri mattina si è celebrato il funerale di Antonio Luciano Casamonica, fratello di Vittorio "Re di Roma".

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IL MANIFESTO

Così recitava il manifesto il giorno del funerale del capostipite della famiglia, clan mafioso come l'ultima sentenza della Corte di Cassazione ha sancito. Era il 20 agosto 2015 e Roma si piegò. Non c'è stavolta la "grandezza" della chiesa di Don Bosco per quanto Antonio Luciano, nato nel 1937 a Civita Castellana e morto in casa per cause naturali, fosse divenuto punto di riferimento per la famiglia dopo la morte del fratello. Alle sue spalle nessun precedente di rilievo però. Il 20 agosto 2015 è una data molto lontana, non solo temporalmente. Di mezzo le grandi operazioni delle forze dell'ordine che di fatto hanno portato in carcere la prima linea dei Casamonica, disgregando le posizioni apicali, hanno fatto sì che la chiesa ieri fosse semivuota. Non più di trenta i presenti. «Fate silenzio, spegnete i cellulari, la cerimonia dura solo 45 minuti», dice il parroco ai familiari di Antonio Luciano dopo che il feretro è entrato. Nei primi banchi i parenti "diretti" dell'uomo. Dietro, nelle ultime file dei banchi, raccolte come consuetudine vuole, il novero delle donne. Tutte uguali fra loro: capelli lisci lunghi, tirati indietro dai fermagli. C'è la nipote, figlia di Vittorio, ci sono altri personaggi, pure padri di ragazzi morti in incidenti stradali.

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«È morto Antonio, lo zingaro no?», diceva un parrocchiano prima ancora che la famiglia Casamonica varcasse l'ingresso della parrocchia dei Santi Mario e Famiglia Martiri. Lo "zingaro" proprio come il fratello Vittorio si definiva prima di morire: «Sono solo uno zingaro, vendo macchine. Macché mafia e mafia. Non nego qualche reato in passato ma di mafia, usura e droga non voglio neppure sentire parlare». Poi sono arrivate le inchieste, gli arresti e i processi.


Fino all'ultimo grado con la Corte di Cassazione che, soltanto a gennaio scorso ha ribadito come la famiglia Casamonica è clan di mafia. Già il 24 novembre scorso la Suprema Corte aveva confermato la condanna per 416bis agli imputati che avevano scelto il rito abbreviato, dopo gli arresti scattati nel quartiere de La Romanina con l'inchiesta "Noi proteggiamo Roma" datata giugno 2020. Il 16 gennaio è arrivata da piazza Cavour la definitiva "certificazione di mafiosità" anche per il gruppo che aveva il suo quartiere generale a Porta Furba, sgominato con le operazioni "Gramigna" e "Gramigna bis" rispettivamente datate 2018 e 2019. A seguito della sentenza della Corte di Cassazione, meno di un mese fa, i carabinieri del Nucleo Investigativo di Frascati arrestarono altri componenti della "galassia". Si tratta di Antonietta Casamonica (1974), Enrico


Casamonica (1982), Giovannina Casamonica (1980), Lauretta Casamonica (1972), Rosaria Casamonica (1973), Celeste Spada (1953), Massimiliano Tolli (1971), Andrea Vecchio (1986), Giovannina Casamonica (1976). Ieri l'ultimo saluto, blindato e controllato dalle forze dell'ordine, ad Antonio Luciano. Solo un applauso quando il feretro esce dalla chiesa e il grido «Grazie zio», proferito dai presenti chiudono la cerimonia prima della tumulazione del feretro nel cimitero di Ciampino. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero