Coronavirus, alla mensa Caritas aumentati i pasti: precari e persone che hanno perso il lavoro

Ci sono i precari, che hanno perso il lavoro e non hanno più soldi per mangiare. Oppure quelle persone che, anni fa, erano riuscite ad inserirsi nel mondo del lavoro e ora...

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Ci sono i precari, che hanno perso il lavoro e non hanno più soldi per mangiare. Oppure quelle persone che, anni fa, erano riuscite ad inserirsi nel mondo del lavoro e ora devono ripartire daccapo. E poi ci tanti stranieri, che avevano trovato il modo di guadagnarsi da vivere, magari lavorando in nero, e ora non sanno come andare avanti (come il parcheggiatore abusivo che non ha più auto da parcheggiare). A Colle Oppio, alla mensa della Caritas, si fronteggiano, ogni giorno, due emergenze. C'è quella del Coronavirus, che ha messo in ginocchio tante famiglie, e poi quella delle persone che combattono, da sempre, per garantirsi un pasto. Qui si sfamano 900 persone al giorno, tra pranzo e cena (rispetto alle 800 pre-Coronavirus). 

 

«Prima servivamo solo il pranzo – dice il coordinatore della struttura, Carlo Virtù, che è qui dal 2011 – ora, dopo la chiusura del centro di via Marsala, pensiamo anche alla cena». Un aumento di circa 100 unità, dopo il coronavirus. La scorsa settimana, è stata montata nel giardino una grande tenda, per dare a tutti la possibilità di mangiare ad una distanza di sicurezza. «Gli italiani hanno una media tra i 40 e i 60 anni – dice Virtù – mentre l'età degli stranieri (provenienti soprattutto dal Medio Oriente e dall'Africa Subsahariana), è tra i 20 e i 40 anni». Vengono qui e sanno che l'unica condizione per mangiare è quella di rispettare le regole della Caritas. Nella struttura non c'è polizia, perché non serve.
 
«Accogliamo tutti – dice Virtù – a patto che seguano le nostre indicazioni, anche in materia di contenimento del Coronavirus». Qualche anziano ha smesso di venire, mentre sono tornate persone che avevano smesso di bussare alla porta della Caritas. E, soprattutto, è aumentato il numero dei volontari: tanti studenti, che chiedono di poter aiutare in mensa, dalle 2 alle 4 volte a settimana. Per non voltare le spalle di fronte a chi ha bisogno, soprattutto in questo momento difficile. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero