Un fascicolo contro ignoti e senza ipotesi di reato sul debito di Roma Capitale. L'esposto in procura è arrivato alla vigilia delle elezioni, firmato da Carla Raineri,...
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LA VICENDA
L'esposto, che ripercorre una vicenda cominciata all'inizio degli anni Duemila, quando molte amministrazioni comunali acquistarono derivati, punta su quanto accadde a Roma a cominciare dal 2008. È allora che Gianni Alemanno, appena eletto sindaco, si trova a gestire 22,5 miliardi di debiti, più di 3 miliardi di euro sono derivati e nel calcolo rientra anche un'obbligazione da 1,4 miliardi di euro piazzata sul mercato dal Campidoglio. È allora che viene creata, con il via libera del governo Berlusconi, una bad company di Roma, una gestione commissariale alla quale vengono affidati i debiti e viene conferito anche qualche credito, con un disavanzo finale di 16,7 miliardi di euro, affidato a Massimo Varazzani.
Fino al 2011 i debiti saranno gestiti in un bilancio parallelo e Varazzani, grazie a una serie di provvedimenti firmati dall'allora ministro dell'Economia Giulio Tremonti, ottiene il denaro dal governo rinviando le scadenze al 2040: 300 milioni ogni anno li mette il Governo e 200 milioni vengono racimolati grazie a un'addizionale Irpef. Il problema dell'altro bilancio, quello del Campidoglio, arriva con l'elezione del sindaco Ignazio Marino: sono 1,2 miliardi di euro di debito, un disavanzo strutturale di 550 mln di euro che ha imposto un nuovo intervento del Governo, con un piano di rientro che pesa 110 mln di euro a carico dello Stato e 440 mln a carico di Roma Capitale oltre all'obbligo per il bilancio del Campidoglio di essere sotto autorizzazione di Palazzo Chigi. Ma c'è anche il bilancio della bad company. - Il decreto firmato da Tremonti dava a Varrazzani 500 milioni l'anno e 30 anni di tempo per saldarlo, ma lo autorizzava anche ottenere dalle banche soldi in anticipo: 4,5 miliardi nel 2012 e più di 5 miliardi a partire dal 2016. Sono oltre 15 in totale, ma con interessi elevatissimi.
Il dettaglio del rendiconto, illustrato dall'ultimo commissario Silvia Scozzese è adesso all'esame della procura. La Finanza esamina comunque la chiusura di sette dei nove derivati, oltre ai sinking fund del colosseum bond da 1,4 miliardi con scadenza 2048. In quell'anno Roma Capitale dovrà disporre di 1,4 miliardi di euro per rimborsare gli investitori che hanno acquistato l'obbligazione del 2003.
I DEBITI
L'aspetto più inquietante, emerso la scorsa primavera dalla relazione alla Camera dell'ultimo commissario per il Piano di rientro, Silvia Scozzese, è che quasi metà dei creditori del Campidoglio, il 43 per cento circa, non era non è ancora stata individuata. Scozzese aveva lanciato un allarme quasi in contemporanea alla presentazione dell'esposto in procura: «C'è il rischio di una crisi di liquidità dal 2020. Un pericolo che potrebbe anche concretizzarsi prima. Già a partire da quest'anno». I conti erano stati fatti a Montecitorio: un debito con privati (non finanziario, commerciale) pari a 3,224 miliardi di euro e un debito finanziario di 8,768 miliardi di euro. In totale fanno 11,992 miliardi di euro. Fra i punti poco chiari della situazione contabile, l'identità di buona parte dei creditori del Campidoglio.
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Il Messaggero