Roma, tangenti, inchieste e violenza: quelle baraccopoli fuori controllo

Roma, tangenti, inchieste e violenza: quelle baraccopoli fuori controllo
Un arcipelago di baraccopoli dai costi milionari - tutti a carico del Campidoglio - più volte finito nel mirino dell'Unione europea e dell'autorità...

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Un arcipelago di baraccopoli dai costi milionari - tutti a carico del Campidoglio - più volte finito nel mirino dell'Unione europea e dell'autorità giudiziaria per le condizioni di degrado, di inefficienza e di illegalità diffusa. I campi rom istituzionali sono nati a Roma alla fine degli anni Novanta e si sono sviluppati dal 2009 in poi sfruttando i finanziamenti dell'emergenza nomadi. Un sistema che grava sui bilanci di Palazzo Senatorio per oltre 6 milioni di euro all'anno, per accogliere circa 5mila persone, e che è proliferato negli anni di Mafia Capitale. Tanto che proprio un filone dell'inchiesta sul Mondo di Mezzo ha messo nel mirino gli appalti per i lavori di ristrutturazione e manutenzione in tre accampamenti della Capitale (via di Salone, via Cesare Lombroso e Castel Romano) e ha portato tredici persone a giudizio e quattro al patteggiamento. Secondo la Procura gli appalti, assegnati tra il 2013 e il 2014, sarebbero stati scanditi da un giro di tangenti e utilità di vario tipo come assunzioni, gioielli, perfino buoni benzina e biglietti di teatro.

Ma lo scandalo delle baraccopoli ribattezzate eufemisticamente villaggi della solidarietà nasce da lontano, da molto prima dell'inchiesta sui traffici del clan di Buzzi e Carminati. Gli insediamenti di Lombroso e di via Candoni sono nati nel 2000, il villaggio di Via dei Gordiani è arrivato un paio di anni dopo; nel 2005 è stata la volta di Castel Romano, l'anno successivo di via Salone.
L'ultimo accampamento a vedere la luce è stato quello in località La Barbuta, creato nel 2012. Uno dei più problematici, tanto che il Tribunale Civile di Roma, con una sentenza del 30 maggio 2015, ha stigmatizzato «il carattere discriminatorio che si concretizza nell'assegnazione degli alloggi» ordinando al Comune «la cessazione della suddetta condotta nel suo complesso e la rimozione dei relativi effetti».

LA PROCEDURA UE
Già l'anno prima, nel 2014, la Direzione Giustizia della Commissione Europea aveva scritto al governo italiano, puntando il dito contro la «condizione abitativa dei rom» nel nostro Paese chiedendo all'Italia informazioni in particolare sul campo di La Barbuta. «La Commissione potrà decidere di avviare una procedura di infrazione nei confronti dell'Italia inviando una lettera di messa in mora per violazione della direttiva 2000/43/CE», concludeva la lettera.

Nel frattempo il «villaggio attrezzato», nato per accogliere un centinaio di macedoni sgomberati dal campo tollerato di via del Baiardo, cresceva a vista d'occhio. Qui si sono accampati altri 200 rom di nazionalità bosniaca provenienti da un insediamento abusivo nelle vicinanze, più altri 250 slavi sfrattati da una baraccopoli di Tor de Cenci. Il campo di via Salone, invece, avrebbe dovuto ospitare circa 500 rom della Romania, della Bosnia e della Serbia; nell'ultimo censimento del Campidoglio gli ospiti dei container erano quasi 850, di cui 330 minori. Solo a Castel Romano oggi abitano quasi mille rom, in condizioni igieniche estremamente precarie (nell'ottobre dell'anno scorso sette residenti vennero ricoverati al San Gallicano con la scabbia). Alla Magliana, nel villaggio di via Candoni, dove abitano in 850, è in atto da mesi una guerra tra bande rivali, con tanto di agguati e sparatorie. Oltre 500 rom abitano a via Salviati, a Tor Sapienza, una terra di nessuno dove furti, aggressioni e roghi tossici sono all'ordine del giorno. È poco distante da qui che, a inizio dicembre, è stato ritrovato il corpo della studentessa cinese Zhang Yao.
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Il Messaggero