La boxe torna Capitale: tra superstar e tornei il ring conquista tutti

Per Mike Tyson il ring era il posto più bello del mondo, perché lì, e soltanto lì, «sapevi quello che ti poteva capitare». E forse questa...

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Per Mike Tyson il ring era il posto più bello del mondo, perché lì, e soltanto lì, «sapevi quello che ti poteva capitare». E forse questa massima, una delle tante che racconta la noble art, può spiegare perché tanti giovanissimi si stiano avvicinando ad un sport che, ormai, solo secondo certi cliché cinematografici e televisivi, è incentrato sulla violenza pura e cruda. Certo, sul ring non ci si accarezza, ma ci si rispetta e, dopo il verdetto, spesso ci si abbraccia: come quando, la scorsa estate, il campione italiano dei pesi medi, il romano Khalil El Harraz, ha baciato sulla guancia, dopo averlo sconfitto, lo sfidante, Riccardo Lecca.

 

Gesti che spiegano come mai sempre più persone - anche tanti under 18 e donne, un tempo più restie ad indossare i guantoni - abbiano scelto di avvicinarsi ai corsi di pre-pugilistica, senza necessariamente voler partecipare a competizioni. «Prima, nelle palestre pugilistiche, c’era una sorta di selezione in entrata – racconta Alberto Arcesi, dell’omonima palestra in Prati – adesso le attività amatoriali sono incrementate anche perché diamo a tutti la possibilità di allenarsi come degli agonisti. In un certo senso, le palestre hanno aperto le loro porte, anche con forme più leggere di boxe».
 

Arcesi è, insieme a Simone D’Alessandri (della Phoenix Gym) e alla Bellusci Boxe Promotion, tra gli organizzatori di un evento clou per la capitale: gli Assoluti, che da 4 anni non si disputavano a Roma. Realizzati con il contributo della Presidenza del consiglio dei ministri (Ufficio per lo Sport), hanno visto impegnata da mesi la Federazione pugilistica italiana, per una settimana, iniziata martedì, che vede sfidarsi 177 atleti, di cui 144 uomini e 33 donne (su un totale di 500 selezionati). Numeri importanti, sostenuti anche da quelli relativi alla nostra Regione, che vanta 160 società sportive affiliate alla Fpi, quasi 1300 atleti dilettanti, oltre 5mila amatori, oltre 1000 giovanili e 90 professionisti.

La “Roma Boxing Week”, patrocinata dal Coni, è incentrata, oltre che sugli Assoluti, sulle finali del trofeo delle Cinture Wbc-Fpi: e proprio a queste ultime, in programma ieri sera, ha assistito il campione del mondo dei pesi massimi Wbc, Deontay Wilder. «Roma è una città straordinaria – ha detto la superstar americana, che ha incontrato il Santo Padre e i piccoli pazienti del Bambino Gesù – Mi trovo nella terra di grandissimi pugili come Benvenuti, Arcari e Carnera». Una settimana, quella degli Assoluti, che serve anche ad individuare gli atleti che potranno prendere parte al percorso che culminerà con le Olimpiadi, sogno nel cassetto di ogni pugile dilettante. Da qui sono partiti anche personaggi come Nino Benvenuti, ma anche Roberto Cammarelle, oltre che Simona Galassi ed Irma Testa.

«Sono Assoluti di livello, che testimoniano come la boxe italiana sia in ottima salute – dice Guido Vianello, già carabiniere ora trasferito in America per rincorrere il titolo mondiale e punto di riferimento per molti appassionati – C’è ancora tanto da fare, ma nelle palestre c’è una vitalità che fa ben sperare. Non siamo al livello degli States: dobbiamo cercare di coinvolgere maggiormente le televisioni, spesso è impossibile vedere i tornei di boxe». «Le vittorie di Roberto Cammarelle, Clemente Russo e Domenico Valentino hanno fatto bene al nostro mondo – dice D’Alessandri – E’ stato grazie a loro se sempre più giovani hanno espresso il desiderio di praticare questo sport, indipendentemente dal fatto che poi diventino agonisti o meno». 

E dopo gli Assoluti, tocca ad un altro grande evento, il 20 dicembre: a Cinecittà World, viene messo il palio il titolo Ue dei pesi piuma. Location, quella scelta da Davide Buccioni, che segnala anche un’esigenza: «A Roma, ormai, mancano impianti che contengano più di 400 persone, per questo dobbiamo trovare luoghi alternativi». 
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Il Messaggero