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LE IMPUTAZIONI
Secondo i pm Mario Palazzi e Francesco Cascini (titolari dell'inchiesta), il medico 66enne, «con stabile asservimento delle sue funzioni all'interesse personale e illegittimo di Elvis Demce», riceveva da quest'ultimo somme di denaro; «tra cui, nella misura di 200-300 euro, plurime dazioni in occasione di ogni appuntamento». In cambio si prestava a «redigere consulenze compiacenti - si legge nel capo di imputazione - per indirizzare le autorità giudiziarie competenti ad esprimere un parere favorevole per la scarcerazione del corruttore detenuto e il suo collocamento agli arresti domiciliari per seguire un piano terapeutico presso strutture autorizzate».
Gli appostamenti dei carabinieri del nucleo investigativo di via In Selci e le chat "Sky Ecc" scambiate con i telefoni crittografati dagli indagati, hanno però dimostrato che durante tali appuntamenti Demce incontrava, sia all'interno che all'esterno dell'ospedale San Giovanni, «complici con i quali discutere e organizzare la prosecuzione delle attività delittuose». Per questo lo psichiatra è accusato anche di aver agevolato l'evasione dai domiciliari del 37enne albanese (vicino all'ultras degli Irriducibili della Lazio Fabrizio Piscitelli, detto Diabolik), in occasione di ben sedici visite specialistiche fissate nell'arco temporale che va dal 3 giugno al 23 dicembre 2020 nel reparto da lui diretto.
LA CONDANNA PRECEDENTE
Demce è stato condannato lo scorso dicembre a 18 anni di reclusione con il rito abbreviato nell'ambito del processo scaturito dalla guerra tra due bande rivali di narcotrafficanti italo-albanesi che si contendevano la piazza di spaccio di Velletri con vendette sanguinarie. Il suo connazionale e nemico giurato, Ermal Arapaj, è stato condannato a 16 anni. «Io sono Dio», diceva Demce intercettato, mentre meditava vendetta contro uno dei magistrati che indagavano su di lui: «Vado a sparare a Cascini fori a piazzale Clodio». La richiesta presentata dai suoi legali al giudice di riconoscere uno sconto di pena per la sua semi-infermità mentale, è rimasta inascoltata. D'altronde i pm avevano presentato in udienza gli atti di indagine che attestano come il boss albanese avrebbe corrotto Pacileo.
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CERTIFICATI FALSI
Grazie alle attività di intercettazione si è scoperto anche che lo psichiatra «attestava falsamente di aver sottoposto a visita» nel reparto da lui diretto, nel mese di giugno del 2022, Alfredo Colafigli, imparentato con Marcello Colafigli (detto "Marcellone" e considerato l'ultimo boss dell'ex Banda della Magliana). Sarebbe stato proprio il 47enne, ora indagato per falso insieme al dottor Pacileo, a chiedere il certificato considerato che «aveva la necessità di giustificare l'assenza dalla propria abitazione, essendovi stata - si legge nel capo di imputazione - una visita fiscale da parte del medico dell'Inps che non lo aveva trovato a casa».Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero