Ostia, vigili urbani contro i clan: sigilli al chiosco "Hakuna Matata"

Ostia, vigili urbani contro i clan: sigilli al chiosco "Hakuna Matata"
Abusi edilizi in riva al mare. La stagione balneare è quasi finita a Ostia, ma non è terminata la fase trasparenza. Ieri mattina sono scattati blitz e controlli a...

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Abusi edilizi in riva al mare. La stagione balneare è quasi finita a Ostia, ma non è terminata la fase trasparenza. Ieri mattina sono scattati blitz e controlli a tappeto sul litorale. La polizia municipale del X gruppo Mare ha parzialmente sequestrato il chiosco Hakuna Matata sul lungomare Duilio, gestito dalla famiglia Balini. Secondo quanto si legge dagli atti della Procura di Roma che ha disposto i sigilli, l'area occupata dalla struttura sull'arenile era maggiore alle metrature che erano state concesse dal Campidoglio. Così sono state interdette tutte le zone di pertinenza: dai campi da beach volley, ai manufatti in legno fino agli spazi esterni utilizzati per il servizio bar ai tavoli, a eccezione del punto ristoro che continua a rimanere aperto.


LA PERIZIA
I caschi bianchi si sono presentati di prima mattina per rendere efficaci le disposizioni del gip Giulia Proto che, anche sulla scorta di una perizia tecnica, ha riscontrato abusi e costruzioni irregolari, realizzate con materiali non compatibili. La titolare, Laura Balini, sorella del patron del porto Mauro, è stata iscritta nel registro degli indagati. Il chiosco era stato preventivamente sequestrato anche pochi mesi fa, nel luglio scorso, quando un blitz degli uomini del Gico della Guardia di Finanza hanno smascherato un giro di affari in odore di criminalità, ed è tutt'ora sotto l'amministrazione controllata. L'Hakuna Matata era finito già al centro di diverse inchieste giudiziarie per la presenza del narcotrafficante Cleto Di Maria, a cui Mauro Balini aveva concesso la gestione a un prezzo irrisorio.

Il sequestro preventivo è stato richiesto dal pm Michele Nardi che in procura ha un fascicolo aperto sulle caso «spiagge». Sarebbero oltre 500 i metri quadrati di superficie dove sono stati commessi gli abusi. «Opere illegittime», secondo i documenti in mano al gip, che dovevano solo poggiare sulla sabbia e che invece sono state realizzate con materiale non amovibile, circostanza questa non contemplata dalla convenzione con il comune. Anche per questo il X municipio, governato dalla commissione prefettizia dopo i fatti di mafia, sta valutando l'ipotesi di revoca della concessione.


Poche ore più tardi, la squadra di polizia giudiziaria ha ispezionato anche lo stabilimento Village, confiscato alla mala e usato come macchina di riciclaggio soldi dal clan di Carmine Fasciani. Ed è da qui che, sostengono gli inquirenti, nasce la fortuna economica della famiglia. Il Village ha infatti rappresentato l'egemonia del potere dei Fasciani e, per non essere intercettato dal lavoro degli inquirenti, era stato intestato a diversi prestanomi che passavano da una società ad un'altra, tutte in un modo o nell'altro, riconducibili al boss Don Carmine. Dopo un affidamento tra le polemiche, la direzione anti-corruzione di Roma Capitale ha voluto vederci chiaro. Sarebbero infatti emerse anomalie dal punto di vista urbanistico come ampliamenti e manufatti non in regola. Gli accertamenti dell'indagine ora sono al vaglio degli inquirenti. Continua così l'azione di trasparenza sul mare di Roma, voluta dalla commissione straordinaria con a capo il prefetto Vulpiani e dal X municipio che in sinergia con la polizia municipale, guidata dal comandante Antonio Di Maggio, sta riportando la legalità sulle spiagge della capitale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero