Roma, l’unica città dell’universo dove il bike sharing riesce a diventare fonte di caos aggiuntivo. Hopeless ...
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@minomazz
Non è carta e non è plastica. Non è alluminio e nemmeno umido. Non è nemmeno un rottame da buttare via, anzi sembra che stia benone. E allora, che ci fa una bici gialla nel cassonetto? A chi può essere venuta un’idea così sgangherata? Scaricare la due ruote del bike sharing tra i rifiuti, vicino piazza Conca d’Oro, come un sacchetto dell’immondizia. D’accordo, con il sistema free floating, flusso libero, si può prendere e lasciare la bicicletta condivisa dove si vuole, grazie a un’app sullo smartphone. Non ci sono rastrelliere o spazi riservati. Però, qui a Roma questa libertà - con regole da rispettare - diventa parcheggio criminale. Le mollano in mezzo ai marciapiedi, nelle aiuole, le abbandonano tra la monnezza, nei portoni, le dipingono, le rubano o le smontano. Qualcuna finisce nel Tevere, un’altra sparisce nel portabagagli di un’auto. Quando va bene, le usano come contenitore per carte e lattine. Condividiamo almeno un po’ di vergogna, che a condividere le bici non siamo buoni. Ci avevano provato le start up (è rimasta solo oBike di Singapore perché Gobee di Hong Kong è fuggita dall’Italia: troppi danni) a ignorare la cattiva fama dei romani e avevano portato più di mille bici in città. Con il servizio di noleggio del Comune andò a finire malissimo: furti, stalli vuoti, biciclette fatte a pezzi. La storia si ripete. E se anche questa prova fallisce, chi ci proverà più? Il prossimo bike sharing dovrà arrivare da un altro mondo, in questo ormai sanno che qui le bici non hanno speranze.
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Il Messaggero