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La fiaccola benedettina rimasta sempre accesa a Norcia in un anno di pandemic da Coronavirus, è arrivata ieri a Subiaco vicino a Roma, portando, in una valle colpita dal Covid, «un messaggio di speranza e di fiducia per aiutare a superare il difficile momento che tutto il mondo sta vivendo con l'epidemia di Covid». Mentre si aspetta il vaccino anti Coronavirus, Dom Mauro Meacci, abate del paese a nord-est di Roma, erede del monachesimo occidentale fondato nel 500 dopo Cristo da San Benedetto, parla per la prima volta dall'inizio dell'epidemia mentre l'Italia soffre per la scarsità di vaccini Pfizer e Astrazeneca. «Il messaggio di San Benedetto è quello di sempre – dice Dom Meacci – Ci invita a pregare perché il buon Dio abbrevi i tempi di questa prova e nello stesso tempo ci impegna tutti a mettere a frutto le nostre competenze, le nostre energie e le nostre capacità nel trovare una soluzione degna del momento». Un messaggio pragmatico, un invito «a non abbattersi», a pregare sì, ma anche a «impegnarsi a trovare una soluzione» che ponga fine alla pandemia di Covid 19 che mette a dura prova le esistenze di molti con lutti sofferenze».
La fiaccola, accesa a Norcia, in Umbria, paese originario di San Benedetto, nei prossimi giorni sarà all’ospedale "Spallanzani" di Roma, centro di eccellenza per la cura del Covid 19 e per la ricerca, e poi a Bergamo, nel nord Italia, la città che verrà ricordata come epicentro dell'epidemia in Europa, del dolore, della disperazione ma anche dell’aiuto e dell'empatia.
San Benedetto viene ritenuto e tuttora ricordato, nel continente che aspetta i vaccini, come uno dei simboli dell'Europa. «Quest’anno la fiaccola – dice il sindaco di Subiaco, Francesco Pelliccia - porterà una luce di speranza. Simboleggerà la nostra fiducia e quella dell’Europa, nella ricerca, nella Medicina, nel lavoro degli operatori sanitari. In loro c’è il segno di una rinascita». Dal Sacro Speco di Subiaco, il monastero dove il Santo di Norcia, si ritirò in preghiera ed elaborò la sua regola arrivano ora, dopo un anno di silenzio, l'anno del Coronavirus, le parole dell’Abate Dom Mauro Meacci si interroga sulla domanda tesa a comprendere se la pandemia di Coronavirus sia amplificata, in modo abnornme e distorsivo, dal meccanismo dei cosiddetti social network, Facebook in testa, e dalle notizie che si moltiplicano praticamente all'infinito senza il controllo di chi lavora nell'informazione di qualità. «In tutto il mondo le nostre congregazioni hanno casi di Covid – dice ’Abate– ci possono essere una distorsione e una amplificazione del momento come in altri casi. Ma il virus nel mondo c’è: è un dato di fatto».Tra i benedettini c’è comunque fiducia: «Non è questa la fine del mondo e dell’umanità – conclude Dom Meacci - è una grave malattia. Ma se confidiamo in Dio e nelle nostre capacità, ne usciremo fuori. In una lettera alle nostre comunità monastiche ho ricordato che le mura dei nostri Monasteri nei secoli hanno vissuto stagioni analoghe. Come allora bisogna confidare in Dio e nei nostri talenti».Le celebrazioni hanno visto l’arrivo della fiaccola a Subiaco al Monastero di San Benedetto ieri, domenica 7 marzo.
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