Come un gatto in tangenziale, quando il cuore batte in periferia @smith «Papi, ho conosciuto un ragazzo....
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@smith
«Papi, ho conosciuto un ragazzo. Alessio». «Dov’è la casa di Alessio?». «A Bastogi». «Dove, scusa?». Agnese è una ragazzina di Roma centro, innamorata. Per lei Bastogi è casa di Alessio, si arriva in autobus mano nella mano, guardandosi negli occhi e non si vede altro. Lì c’è la felicità, anche se odora di curcuma. Il papi (Antonio Albanese nel film del momento “Come un gatto in tangenziale”) è un intellettuale che studia le periferie e cerca di convincere il parlamento Ue che «è nelle periferie metropolitane che si gioca il futuro dell’Europa». Ma Bastogi è fuori da tutto, anche dalla mappa delle periferie e papi non sa dov’è. «Lassate ogni speranza o voi k’entrate», la prima minaccia nel film di Riccardo Milani arriva dai muri, «a confronto Scampia è un centro benessere». C’è chi esce dal cinema (a Roma) convinto che Bastogi non esista, «questa periferia immaginaria..». Ma quale immaginaria. «Non è un nome inventato per non offendere chi vive nelle periferie?». Magari, tutto autentico, quello squallore. L’ex residence Alitalia, tra Primavalle e Torrevecchia, era stato comprato dal Comune per le famiglie in attesa di case popolari. È andata a finire così: chi doveva restarci 6 mesi vive lì da più di 20 anni, in palazzetti che chissà come stanno ancora in piedi, tra rifiuti e bande che si fanno la guerra. Ogni tanto si parla di recupero. Ma ormai è chiaro che a Roma il degrado non dura come un gatto in tangenziale. Quasi sempre è per sempre.
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Il Messaggero