I cartelli indicano un parcheggio. Anche i residenti alzano il braccio per dirti che lì si può lasciare l'auto, ma poi fanno una smorfia e suggeriscono:...
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NON LUOGHI
Sono tanti i non luoghi qui, nel XV municipio, territorio in testa alla classifica per numero di accampamenti: 43. Subito dopo c'è il XIV municipio: sono una quarantina. Favelas sulle quali più volte i vigili del gruppo Spe coordinati dal comandante Antonio Di Maggio sono intervenuti. A maggio, ad esempio, furono portate via le baracche da uno spazio verde vicino, tra la Flaminia e un costone roccioso. Ma gli invisibili continuano a esserci, tanto che la mappa delle favelas parla di oltre 260 accampamenti nel monitoraggio dal 2015 a oggi, alcuni piccolissimi, altri più grandi, tanto da conquistare il soprannome di «villaggi».
CASUPOLE
C'è il «villaggio di Grottarossa»: sorge sulla Flaminia, sotto la rampa per l'uscita per l'ospedale Sant'Andrea. Casupole, tende, materassi e tanta immondizia. «È stata sgomberata, ma quelle persone, soprattutto nomadi, tornano sempre, ci vogliono maggiori controlli: scavalcano il guard rail per raggiungere il villaggio» borbottano alla stazione di Grottarossa. Una distesa di immondizia nel parcheggio, aree verdi completamente abbandonate, e sotto la rampa baracche, tavoli, rifugi di fortuna.
LA MARRANA
Ignorati, invisibili, ma conosciuti da chi vive nel territorio di Roma nord. Nella marrana, a Prima Porta, c'è un'altra città invisibile, un altro «villaggio». Siamo nelle zone devastate dall'alluvione di due anni fa. Il fiumiciattolo che scorre non si vede più: sommerso da canneti ed erba alta. Sotto il ponte che collega via Frassineto con via Inverigo c'è un'altra favela: un materasso, una sedia, un tavolo, le solite tende verdi che si stendono per nascondere il rifugio. Ma gli accampamenti sono tanti, alcuni sono «nella boscaglia interna, vicino via Melegnano» raccontano i residenti. Per trovarne altri è sufficiente seguire l'erba spianata, i cumuli di immondizia e osservare bene tra i cespugli. Via della Riserva di Livia è una zona residenziale, sale su verso la parte più alta di Prima Porta. A indicarci la via verso la favela è sempre l'immondizia, l'abbandono, il degrado, l'assenza di controlli: su un costone della collina, non lontano da via della Giustiniana c'è un'altra baracca: legno, teli verdi, sedie, addirittura la batteria di un'automobile dentro uno scatolone. «Hanno fatto tanti sgomberi, ma tornano se non c'è controllo: lungo la marrana è pieno di accampamenti, neanche si vedono perché l'erba è alta, qui è tutto abbandonato». E ancora: «Tornano se i luoghi sono abbandonati. Soltanto in un posto non si sono più visti: vicino la stazione di Tor di Quinto». Dove fu massacrata Giovanna Reggiani.
L'INGEGNERE
Via da Prima Porta, giù per la Flaminia, tra Grottarossa e via dei Due Ponti, dopo aver superato via Roccalvecce. C'è un costone di area verde che costeggia la strada: è disseminato da bottiglie di plastica, stracci. Si segue la scia di degrado e nel verde si scorge qualcosa. C'è una rete, tagliata, per costruire una porticina: si sale tra la boscaglia, fango, rifiuti, e appare un'altra favela.
Ma per trovare l'abbandono e la disperazione a Roma nord non è necessario arrampicarsi chissà dove. Si percorre Corso Francia,si supera via di Vigna Stelluti, si imbocca la Flaminia: Collina Fleming, via Monterosi. C'è la solita area verde abbandonata. La recinzione è tagliata: si entra e si cammina in bilico su un sentiero strettissimo stando attenti a non precipitare. Nel fossato cartoni, materassi, tende e buste. «Qui - spiega una residente - ci abita Giovanni, è gentile e gli porto anche da mangiare: dicono che un tempo fosse un ingegnere. Oggi, invece, vive qui». Un altro fantasma, nella città degli invisibili .
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Il Messaggero