Dall’Appio Tuscolano alla Borgata Finocchio, da Centocelle al Casilino. E naturalmente Tor Pignattara, la zona forse più popolata dai bengalesi di Roma. Eccola la...
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
OFFERTA SPECIALE
Tutto il sito - Mese
6,99€ 1 € al mese x 12 mesi
Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese
oppure
1€ al mese per 6 mesi
Tutto il sito - Anno
79,99€ 9,99 € per 1 anno
Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
LEGGI ANCHE --> Coronavirus Roma, Vaia (Spallanzani): caso bengalesi, ieri evitati nuovi focolai
Così come gli agenti della Polizia locale chiamati ad aiutarli nei sopralluoghi. Per farla breve, nelle residenze dichiarate dai bengalesi, annotate su permessi e carte di soggiorno, gli interessati non abitano più. Oltre il 50% dei controlli svolti finora è andato a vuoto. Non è una falla da poco: rischia di diventare una missione impossibile rintracciare i quasi 900 passeggeri provenienti da Dacca atterrati nella Capitale prima che scattasse l’allerta e che venissero predisposti controlli a tappeto. Ora i voli sono sospesi, ma secondo la comunità bengalese i numeri degli arrivi sarebbero molto più alti, mettendo nel computo chi ha raggiunto Roma facendo scalo. «Prima che scattassero verifiche ed esami, i passeggeri arrivati dal Bangladesh sono stati oltre 2mila - sostiene il presidente dell’associazione Italbangla, Mohamed Taifur Rahman Shah - Almeno la metà non è atterrata direttamente da Dacca ma ha cambiato aereo in un altro Paese». Dei 2mila passeggeri, secondo l’associazione Italbangla, «un migliaio è rimasto a Roma, mentre gli altri si sono già spostati dove abitano e lavorano: Milano, Venezia, Treviso».
È su quel migliaio di cittadini ancora nella Capitale che ora si concentrano le ricerche della Asl. Ricerche complicate. «Dopo i primi sopralluoghi, possiamo dire che in oltre la metà dei casi gli indirizzi comunicati erano falsi - spiega Antonio Miglietta, direttore dell’Unità di Epidemiologia e prevenzione delle malattie infettive della Asl Roma 2 - Molti, così ci è stato raccontato, si sono trasferiti in altre zone perché avevano trovato una sistemazione più conveniente, ma senza darne comunicazione all’Anagrafe o alle autorità per il permesso di soggiorno». I controlli, spiega il dirigente dell’Asl Roma 2, «andranno avanti, ci stanno aiutando i vigili urbani. Finora il nostro lavoro si è concentrato a Tor Pignattara, Centocelle, il Casilino, l’Appio».
Proprio in queste zone, su input della Regione, si moltiplicano le strutture per i test Covid: nel weekend si attiveranno via via altri “drive-in” sanitari, dalla casa della Cultura “Villa de Sanctis” sulla Casilina al centro anziani Le Torrette al Quadraro. In tutto, 7 presidi e centinaia di test al giorno. Finora ne sono già stati realizzati 2.500. «Moltissimi hanno accettato di fare gli esami - riprende l’associazione Italbangla - tanto che ieri, in alcuni centri, non c’erano più test».
Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero