Covid, bengalesi contagiati dalla Casilina all’Appio: «Falsa una residenza su due a Roma»

Dall’Appio Tuscolano alla Borgata Finocchio, da Centocelle al Casilino. E naturalmente Tor Pignattara, la zona forse più popolata dai bengalesi di Roma. Eccola la...

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Dall’Appio Tuscolano alla Borgata Finocchio, da Centocelle al Casilino. E naturalmente Tor Pignattara, la zona forse più popolata dai bengalesi di Roma. Eccola la mappa del contagio nella comunità bangla dell’Urbe, oltre 30 mila residenti solo nel territorio dell’Asl 2. Ma è una cartina ancora parziale, il tarlo è l’esatta dimensione del fenomeno, una fotografia malcerta che i medici del Sistema sanitario regionale, con i tamponi in batteria e i le indagini degli epidemiologi, stanno cercando di mettere a fuoco. C’è un problema: gli esperti del contact tracing, i famosi “detective” del virus che devono ricostruire la catena dei contagi, hanno in mano un mucchio di indirizzi fasulli.


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Così come gli agenti della Polizia locale chiamati ad aiutarli nei sopralluoghi. Per farla breve, nelle residenze dichiarate dai bengalesi, annotate su permessi e carte di soggiorno, gli interessati non abitano più. Oltre il 50% dei controlli svolti finora è andato a vuoto. Non è una falla da poco: rischia di diventare una missione impossibile rintracciare i quasi 900 passeggeri provenienti da Dacca atterrati nella Capitale prima che scattasse l’allerta e che venissero predisposti controlli a tappeto. Ora i voli sono sospesi, ma secondo la comunità bengalese i numeri degli arrivi sarebbero molto più alti, mettendo nel computo chi ha raggiunto Roma facendo scalo. «Prima che scattassero verifiche ed esami, i passeggeri arrivati dal Bangladesh sono stati oltre 2mila - sostiene il presidente dell’associazione Italbangla, Mohamed Taifur Rahman Shah - Almeno la metà non è atterrata direttamente da Dacca ma ha cambiato aereo in un altro Paese». Dei 2mila passeggeri, secondo l’associazione Italbangla, «un migliaio è rimasto a Roma, mentre gli altri si sono già spostati dove abitano e lavorano: Milano, Venezia, Treviso».



È su quel migliaio di cittadini ancora nella Capitale che ora si concentrano le ricerche della Asl. Ricerche complicate. «Dopo i primi sopralluoghi, possiamo dire che in oltre la metà dei casi gli indirizzi comunicati erano falsi - spiega Antonio Miglietta, direttore dell’Unità di Epidemiologia e prevenzione delle malattie infettive della Asl Roma 2 - Molti, così ci è stato raccontato, si sono trasferiti in altre zone perché avevano trovato una sistemazione più conveniente, ma senza darne comunicazione all’Anagrafe o alle autorità per il permesso di soggiorno». I controlli, spiega il dirigente dell’Asl Roma 2, «andranno avanti, ci stanno aiutando i vigili urbani. Finora il nostro lavoro si è concentrato a Tor Pignattara, Centocelle, il Casilino, l’Appio».


Proprio in queste zone, su input della Regione, si moltiplicano le strutture per i test Covid: nel weekend si attiveranno via via altri “drive-in” sanitari, dalla casa della Cultura “Villa de Sanctis” sulla Casilina al centro anziani Le Torrette al Quadraro. In tutto, 7 presidi e centinaia di test al giorno. Finora ne sono già stati realizzati 2.500. «Moltissimi hanno accettato di fare gli esami - riprende l’associazione Italbangla - tanto che ieri, in alcuni centri, non c’erano più test».
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Il Messaggero