Balini, lo zio d’America e quella fortuna nata vendendo Dallas alle tv di Berlusconi

Balini, lo zio d’America e quella fortuna nata vendendo Dallas alle tv di Berlusconi
Se Roma ha un porto turistico lo deve al cappello da cowboy di J.R. e al fascino di Sue Ellen. Ma anche ai soldi di Silvio Berlusconi. E soprattutto lo deve a Vittorio Balini, un...

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Se Roma ha un porto turistico lo deve al cappello da cowboy di J.R. e al fascino di Sue Ellen. Ma anche ai soldi di Silvio Berlusconi. E soprattutto lo deve a Vittorio Balini, un ex bagnino di Ostia con un grande senso degli affari. Lo zio d’America di Mauro Balini che ieri è stato arrestato proprio per le irregolarità della mega struttura.




Quella di Vittorio Balini è una storia incredibile. Nato nel 1930, insieme ai suoi cinque fratelli, come molti ragazzotti del Lido di Roma, finisce a fare il bagnino. E sulla spiaggia, tra pattini e ombrelloni, conquista il cuore di una famosa cantante lirica straniera. Con lei presto lascia Ostia e gira il mondo.



Alla fine degli anni Sessanta si trova in America dove è stata appena lanciata la televisione via cavo (antesignana di Sky). Il progetto presto naufraga e Balini fiuta il business. In Italia, infatti, stanno nascendo le prime televisioni private: emittenti improvvisate che hanno non pochi problemi a riempire i loro palinsesti. Così, investe i soldi nell’acquisto di film e telefilm rimasti nei magazzini di major. Compra B-movie, spaghetti western, ma soprattutto le serie televisive: il mitico dottor Kildare e Dinasty.



LA SCATOLA DI CERINI

Il capolavoro, però, Balini lo mette a segno all’inizio degli anni Ottanta con Dallas. Riesce ad assicurarsene i diritti e a rivenderli alla Fininvest di un giovane Silvio Berlusconi. La leggenda racconta che il primo contratto, con il quale l’ex Cavaliere sborsava una cifra da capogiro, venne siglato in un hotel di Parigi su una scatola di cerini. Ma l’indomani Balini tornò da Berlusconi e, forse, fu l’unico a incastrarlo senza magistratura: stracciò la scatola di cerini e rilanciò. Intuendo il grande potenziale delle tv private e della pubblicità, ridusse il prezzo di Dallas ma in cambio pretese una percentuale su tutti gli spot che sarebbero stati trasmessi durante le puntate.



Così l’Italia degli anni Ottanta cenava a pastasciutta e sofficini guardando sul piccolo schermo le avventure del petroliere J.R. In mezzo scorrevano gli spot dello “sporco impossibile”, ”dell’aranciata esagerata” e del ”cuore di panna”. Cresceva l’impero di Berlusconi ma anche, e non poco, il conto in banca di Balini.



ARANCIA MECCANICA

La voce del suo successo, probabilmente, arriva anche alla malavita. In quegli anni rimane vittima di una violenta rapina nella sua Villa all’Olgiata che lo costringe ad abbandonare l’Italia. Si trasferisce a Hollywood ma non dimentica gli affari: costruisce un grattacielo e uno shopping center a Santa Monica. I party nella sua residenza americana sono frequentati da vip del cinema e rock star come Micheal Jackson. Ma il sogno di Balini è ritornare nella sua Ostia e farla splendere.



TRAMPOLINO E PORTO

Torna a Roma nel’92. Come prima cosa compra a suon di dollari il Kursaal e fa ricostruire il mitico trampolino immortalato in tanti film, compreso I Vitelloni di Fellini.



Poi il grande sogno: il porto turistico di Roma. Un progetto faraonico in quell’idroscalo dove venne trucidato Pier Paolo Pasolini. Ci si dedica anima e corpo. Licenziò un architetto, si racconta, perché in un disegno sbagliò l’ombra delle bandiere al tramonto. Ma gli anni si fanno sentire e lo costringono fare un passo indietro e a mettere il progetto nelle mani del nipote Mauro. L’inaugurazione arriva nel 2001 alla presenza del sindaco Walter Veltroni. Ma lo zio d’America non riuscì a vedere il taglio del nastro: il suo cuore smise di battere prima. E per sua fortuna non ha nemmeno visto l’ultima puntata. Quella dove la Guardia di Finanza ha sequestrato il suo sogno e portato via il nipote in manette. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero