​Balduina, la beffa delle perizie: «Le pagheremo noi inquilini»

I camion hanno smesso di scaricare il riciclo di cava. La parete franata dentro il cantiere della Ecofim, lo scorso mercoledì, in via Andronico alla Balduina è stata...

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I camion hanno smesso di scaricare il riciclo di cava. La parete franata dentro il cantiere della Ecofim, lo scorso mercoledì, in via Andronico alla Balduina è stata messa in sicurezza. Ma attenzione, si tratta solo del primo step di una procedura di recupero destinata a durare ancora svariati mesi. Non a caso alcuni dei periti nominati dalla procura di Roma – che ha aperto un’indagine ipotizzando il reato di “crollo colposo” e iscrivendo nel registro degli indagati il proprietario dell’area, Luca Cieri e il rappresentante legale dell’impresa edile, Giorgio Tamburini –, lo sottolineano senza troppi giri di parole: «Si tratta di una messa in sicurezza provvisoria». A cui dovrà seguire quella definitiva (con la ricostruzione, ad esempio, del tratto di strada crollata) che tra redazione del progetto, approvazione del medesimo e lavori durerà – nell’ipotesi più rosea – fino a Pasqua.


E i residenti evacuati dai civici 16 e 24? Sono loro i più penalizzati: 20 famiglie costrette indirettamente, se vogliono tornare in possesso delle loro case, a nominare (e di conseguenza a pagare) un perito di parte che sancisca l’agibilità dei due edifici. Che succede? La procura di Roma non ha competenza sui due stabili evacuati perché agisce solo nell’area sequestrata. Ovvero il cantiere. Chi ha effettuato, dopo lo smottamento, l’evacuazione dei due edifici – ossia i vigili del fuoco – risponde che non è incaricato a svolgere ora questo compito di verifica strutturale.

«PERITI A SPESE NOSTRE»
«Le autorità sul posto ci hanno fatto capire per ora solo a parole – spiega uno degli amministratori dei due condomini – che se vogliamo far rientrare le persone nelle proprie case in tempi rapidi dobbiamo nominare un perito di parte che compia le ispezioni e che sappia dirci se è tutto a posto oppure no, con una duplice difficoltà: trovare una persona disposta a certificare l’agibilità di due palazzine a ridosso di un cantiere sequestrato e suddividere le spese tra i residenti». Cittadini che da una settimana vivono (non senza difficoltà) a casa di amici e parenti o tra le stanze del residence Sacconi al quartiere Flaminio. «Il Comune non ha risposto ai nostri appelli e alle nostre richieste d’aiuto neanche al telefono – spiega Giancarlo de Caprariis – lasciandoci da soli, alcuni di noi sono pronti a diffidare il Campidoglio». Questo lo scenario puramente “tecnico” della vicenda. Cui segue quello giudiziario.
Le indagini per raccogliere le prove necessarie a capire cosa e perché ha provocato la frana dureranno non meno di quattro mesi.

LE INDAGINI

Fino al termine dell’inchiesta, nel cantiere non potrà essere mossa neanche una pietra e così quella “buca” aperta sulle ceneri dell’ex istituto religioso Santa Maria degli Angeli è destinata a restare aperta almeno fino alla prossima estate. Oggi la scena di questa storia – che molti residenti non esitano a definire «grottesca» – si sposta in via del Tritone. Appuntamento alle 11.30 nella commissione capitolina Trasparenza dove gli uffici tecnici di Comune, Municipio e Polizia Locale dovrebbero far chiarezza sui permessi a costruire rilasciati dall’amministrazione. Alla riunione sono stati inviati anche gli assessori alle Infrastrutture, Margherita Gatta, all’Ambiente, Pinuccia Montanari e all’Urbanistica, Luca Montuori. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero