La baby gang della metro a Roma, coltelli e rapine ai pendolari: «Dacci tutto o sei morto». Presi 3 minorenni

Alle loro prede sfilavano persino le scarpe. Obiettivo: soldi, smartphone e orologi

La baby gang della metro a Roma, coltelli e rapine ai pendolari: «Dacci tutto o sei morto». Presi 3 minorenni
Erano l'incubo dei coetanei che usano la metro A per andare a scuola o in Centro. Ma in un'occasione, più sfrontati che mai, hanno assalito e rapinato a colpi di...

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Erano l'incubo dei coetanei che usano la metro A per andare a scuola o in Centro. Ma in un'occasione, più sfrontati che mai, hanno assalito e rapinato a colpi di forbici persino un ragazzo più grande, un ventenne a cui hanno sfilato il Rolex dal polso. Per essere sicuri, poi, di potere arraffare in tutta tranquillità i telefonini, pretendevano dalle vittime di farseli sbloccare prima di lasciarle andare. «Dacci tutto o ti ammazziamo», il refrain dopo avere accerchiato la preda. Le scorribande di una baby gang di tre ragazzini, un diciassettenne e due sedicenni, uno di Tor Carbone, gli altri del Prenestino e della Romanina, sono terminate dopo che gli agenti del Commissariato Appio sono riusciti a incastrarli grazie a una testimonianza in particolare e ai frame catturati dal sistema di videosorveglianza della stazione "Arco di Travertino".

Per i tre, italiani di seconda generazione, uno è di origine africana, uno dell'Europa dell'Est e il terzo un rom, il Tribunale per i minorenni ha spiccato un'ordinanza di applicazione della misura cautelare del collocamento in comunità, confidando che possa essere utile alla loro crescita dal momento che tutti hanno già alle spalle altri piccoli precedenti per furto. Eppure in passato, proprio le comunità erano finite nel mirino della Prefettura che ha invocato misure di controllo più strette nei confronti dei loro ospiti, soprattutto rispetto agli orari di rientro visto che alcuni invece di essere nella propria stanza a riposare erano stati sorpresi a commettere rapine e violenze, anche gravi.

Roma, rapine in strada con coltelli e forbici alla gola. La gang dei minorenni che rubava «smartphone, vestiti firmati e orologi di lusso»

LA PAURA

I tre ragazzi fermati dalla polizia, sono accusati, a vario titolo e in concorso anche con altre persone, dei reati di rapine aggravate e violazione della legge sulle armi. Il sospetto degli agenti della dottoressa Pamela De Giorgi è che possano fare parte di una banda più grande che di volta in volta si ricompone e si smembra a seconda delle incursione. E con base a Cinecittà dove più volte cittadini e pendolari hanno segnalato al personale metro di stazione la spavalderia dei gruppi che scavalcano e saltano i tornelli per non pagare il biglietto. Si sta verificando anche se si tratti degli stessi giovani che hanno picchiato e rapinato un sedicenne nel parco Schuster, a San Paolo. Anche in quell'occasione, come era loro prerogativa, alla vittima erano state portate via, sfilandogliele letteralmente dai piedi, costose paia di scarpe. Il ventenne era stato puntato per strappargli il Rolex dal polso.

Obiettivo della gang, infatti, erano soldi, telefonini, giubbetti e scarpe di marca. Oggetti cult da indossare o da piazzare sul fiorente mercato del rubato. Il loro terreno preferito, appunto, erano le fermate metro d i mezzi pubblici, le loro armi coltelli e forbici. Gli investigatori di via Botero, lavorando su una rapina avvenuta ad Arco di Travertino hanno intuito che non si stavano trovando davanti ad un fatto isolato. Scandagliando le banche dati hanno infatti scoperto, dal novembre dello scorso anno, varie rapine simili: i sospettati avvicinavano la vittima con cautela e poi, minacciandola con un coltello o delle forbici puntate molto spesso alla gola, la costringevano a consegnare, oltre ai soldi, anche gli oggetti di valore. Sono state passate al setaccio centinaia di ore di registrazioni delle telecamere a circuito chiuso. La gang sarebbe responsabile almeno di dieci colpi e altrettanti sono al vaglio anche dei carabinieri. Chiunque si riconosca come possibile vittima del trio, può contattare gli investigatori dell'Appio.

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Il Messaggero