Quell'autobomba al Lido che dilaniò Ferdinando Di Silvio

Quell'autobomba al Lido che dilaniò Ferdinando Di Silvio
Il clan Di Silvio, nomadi ormai stanziali, nel sud pontino, a Latina, ha attuato per anni le sue leggi non scritte della sopraffazione allo stato puro. Una raffica di estorsioni,...

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Il clan Di Silvio, nomadi ormai stanziali, nel sud pontino, a Latina, ha attuato per anni le sue leggi non scritte della sopraffazione allo stato puro. Una raffica di estorsioni, taglieggiamenti ai commercianti per guadagnare una montagna di soldi per poi triplicarne il valore investendo nel traffico di droga. Ed ora c’è anche l’accusa d’influire anche nelle elezioni elettorali. Già nel 2003 era chiaro che il clan non era solo un manipolo di malavitosi.




Uno dei suoi esponenti, Ferdinando, il 10 luglio del 2003, viene ucciso con un’autobomba. Qualcuno piazza l’esplosivo nell’auto del pregiudicato che quando si avvicina viene dilaniato dall’esplosione. L’omicidio, che accade sul lungomare di Latina a pochi metri dai bagnanti, non ha precedenti nel Comune pontino. Insomma un’esecuzione dalle modalità fortemente allarmanti e mafiose. Ferdinando Di Silvio era da poco uscito dal carcere, forse aveva perso il prestigio che credeva ancora di avere. Poi, l’esplosione che fece capire come la criminalità organizzata spadroneggiava in quel territorio. L’autobomba innescò una serie di omicidi di stampo mafioso, fra i quali quello di Fabio Buonamano ucciso dai Di Silvio in quanto ritenuto l’autore materiale dell’omicidio di Ferdinando. Spari e ferimenti contro un altro gruppo criminale capeggiato da italiani. Una guerra che vide un altro clan nomade, quello dei Ciarelli, schierarsi a fianco dei Di Silvio. I Di Silvio sono imparentati anche con i Casamonica  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero