A Roma la prima squadra di autistici: «Combattiamo contro l’indifferenza»

La premiazione dopo un torneo cui ha partecipato la Romulea Autistic Football Club
«Questa? È un’idea folle e bellissima. Ci abbiamo provato, abbiamo scommesso, e alla fine ha funzionato». Tommaso Arotta quasi si emoziona quando ne...

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«Questa? È un’idea folle e bellissima. Ci abbiamo provato, abbiamo scommesso, e alla fine ha funzionato». Tommaso Arotta quasi si emoziona quando ne parla. Dal settembre del 2015, a Roma, è nata una squadra di calcio tutta inclusiva che dà spazio a ragazzi e ragazze (dai 16 anni in su) autistici. Il progetto prende il nome di Romulea Autistic Football Club e coinvolge calciatori e allenatori professionisti: «Abbiamo pensato allo sport come un mezzo utile ed efficace per completare un percorso educativo (la parola riabilitativo ci piace pochissimo), che oltre all’aspetto fisico e motorio ha in sé una forte connotazione sociale e relazionale», racconta Tommaso Arotta, allenatore e responsabile del progetto.

 

L’IDEA - Tutto è nato quasi per caso. Era il 2015 a Roma quando si celebrò la WAAD (Gionata Mondiale della Consapevolezza dell'Autismo). «Siamo un gruppo di educatori e in quell’occasione ci è stato richiesto di formare una squadra di calcio e partecipare ad un triangolare – ricorda Tommaso – Sin da subito ci è sembrato che mancasse un pezzo, e quel pezzo erano proprio i ragazzi con autismo. Da qui l’idea di formare una squadra integrata per l’occasione». L’idea ha funzionato ed i ragazzi stessi nei mesi successivi hanno chiesto di ripetere l’esperienza. Nel settembre 2015, così, si è formata la società (che quest’anno spegne la quarta candelina). La squadra è composta da ragazzi con autismo, operatori, psicologi, educatori o semplicemente amici che nel tempo si sono affezionati ed hanno deciso di sostenere attivamente dall’interno questa esperienza. Le storie sono tante, tutte diverse: c’è Matteo, il portiere, Andrea l’attaccante, Pietro il difensore. Ci sono Antonella e Sara, entrambe centrocampiste, che portano in alto la bandiera delle donne nello sport.

ROMULEA - In più la piccola squadra da quest’anno è entrata a far parte della famiglia Romulea, la storica società calcistica radicata nel quartiere San Giovanni che ha dato i natali anche a Francesco Totti. «Ci teniamo a ringraziare il presidente, Nicola Vilella – continua l’allenatore – perché si è impegnato moltissimo per darci una mano». La bacheca dei ricordi è piena: «Abbiamo qualche coppa e tante soddisfazioni che ci piace menzionare. Ma sicuramente l’esperienza di iscriverci senza precisare esattamente chi eravamo in un campionato federale di calcio ad 8 è stata davvero esaltante – sorride Tommaso – Siamo riusciti a far parlare di noi e di autismo in posti in cui l’accesso risulta ancora difficile».


CONTRO L’INDIFFERENZA - Le istituzioni hanno fatto sentire il loro supporto? «Ormai patrocinano, osservano, danno pacche sulle spalle. Ma non voglio cadere nel facile lamentarsi di una mancanza», spiega Peppe Levanto, centrocampista centrale, tra i responsabili del progetto. La squadra vive e continua a prendersi delle soddisfazioni sportive e non, continuando a far rotolare il pallone dell’inclusione dentro e fuori il rettangolo di gioco. «La nostra missione è quella di veicolare un messaggio di inclusione che abbia dentro la filosofia del 'Si può fare', arrampicandoci al principio dell’articolo 23 della legge 104 dedicata alla rimozione degli ostacoli per l’esercizio delle attività sportive e ricreative», conclude Pietro Cirrincione, il capitano. Qui tutti, nessuno escluso, danno il proprio contributo in modo spontaneo, volontario e gratuito. Il nemico più grande, per ora, rimane l’indifferenza.  Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero