Il Campidoglio ha deciso di rinviare al prossimo autunno il referendum consultivo sulla messa a gara del trasporto pubblico proposto dai radicali e già fissato per il 3...
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«Si sottolinea che la legge impedisce lo svolgimento di differenti operazioni elettorali nello stesso giorno», aggiunge la nota dell'amministrazione, quindi, non potendo accorpare le consultazioni in una un'unica giornata, i cittadini sarebbero di fatto obbligati «a recarsi alle urne per tre votazioni nel solo mese di giugno», considerando anche il turno di ballottaggio nei municipi.
«La ratio di tale divieto risiede anche nell'esigenza di evitare confusione tra consultazioni di differente natura che dovrebbero svolgersi nello stesso arco temporale. La nuova data, d'altronde, favorisce le operazioni di campagna elettorale da parte dei comitati referendari che potrebbe risultare limitata dalla vigente normativa sulla comunicazione durante il periodo elettorale. Inoltre, lo spostamento dei referendum consultivi potrà produrre un notevole risparmio economico. La consultazione del 3 giugno avrebbe un costo di 16 milioni di euro. Tale cifra potrebbe ridursi in autunno: è allo studio la possibilità di impiegare un sistema elettronico dedicato alla votazione», si spiega.
«Il rinvio della consultazione e la fissazione della nuova data saranno oggetto di una successiva ordinanza che la Sindaca di Roma adotterà dopo aver sentito, come da regolamento, la Conferenza dei presidenti dei gruppi consiliari e i rappresentati dei comitati promotori del Referendum», conclude.
I radicali. «La cosa che abbiamo più a cuore è che questo tempo guadagnato con lo slittamento lo si usi per fare ciò che finora non è stato fatto, ovvero un'informazione istituzionale a tutti i cittadini. Finora Raggi non si è comportata da sindaca della Capitale, ma da presidente del comitato del no, speriamo che ora informi tutti i cittadini in maniera istituzionale e imparziale».
Critiche dall'opposizione. Una nota congiunta da parte dei consiglieri Pd in Campidoglio afferma: «A 48 ore di distanza dal consiglio straordinario su Atac apprendiamo dalle agenzie di stampa che i referendum sulla messa a gara del servizio di trasporto pubblico è stato rinviato a settembre. È una vergogna, la sindaca Raggi e la giunta si prendono gioco dell'aula e dei romani». «La sindaca - è scritto ancora nella nota del gruppo - dopo aver disertato l'aula ora fa riferimento a tecnicismi che sarebbero all'origine del rinvio. Dopo il rifiuto della richiesta di accorpamento dei referendum con le elezioni municipali e la denuncia della carenza di informazione sull'argomento, oggi la Raggi prende a pretesto proprio questi argomenti per sospendere le regole sulle consultazioni dei cittadini. Perché questa intenzione non è stata anticipata in Assemblea Capitolina? Quale novità è intervenuta nelle ultime 48 ore? Siamo di fronte ad un ennesimo colpo di mano. La Raggi ha paura di far pronunciare i romani sul trasporto pubblico locale e prende tempo togliendo ai cittadini romani il voto. Nel ribadire la nostra contrarietà al concordato fallimentare, sollecitiamo sindaca e giunta ad uscire dalle ambiguità e intraprendere la strada dell'amministrazione straordinaria, unica soluzione che può garantire l'azienda capitolina di trasporto pubblico, i suoi dipendenti e il servizio di trasporto per i romani».
Stefano Fassina, consigliere di Sinistra per Roma ha dichiarato:. «Il rinvio del referendum su Atac da parte della Giunta Raggi è una scelta inaccettabile. La Sindaca e la sua giunta in un solo colpo hanno umiliato gli oltre 30.000 cittadini che avevano chiesto il referendum, i cittadini che si sono mobilitati per la campagna referendaria, in particolare i comitati per il Sì e per il No e, non ultimo, l'assemblea capitolina che martedì ha discusso di Atac senza ricevere alcuna informazione in proposito. In quella sede, chiedemmo esplicitamente all'assessora Meleo rassicurazioni sull'avvio delle procedure per lo svolgimento del referendum. Non ottenemmo nessuna risposta. Ci rivolgeremo al Prefetto per denunciare la continua e sistematica offesa ai principi fondamentali della democrazia da parte di chi si è presentato come paladino della partecipazione dei cittadini alla vita istituzionale».
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Il Messaggero