Atac, la metro in tilt per ritorsione: protesta dei macchinisti, caos sulle linee A, B e Roma Lido

Atac, la metro in tilt per ritorsione: protesta dei macchinisti, caos sulle linee A, B e Roma Lido
Arrivano i badge anche per i macchinisti alla vigilia del piano di produttività della municipalizzata che dal 1 agosto porta il monte ore di lavoro annuali da circa 700 a 950 e...

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Arrivano i badge anche per i macchinisti alla vigilia del piano di produttività della municipalizzata che dal 1 agosto porta il monte ore di lavoro annuali da circa 700 a 950 e il personale della metro «improvvisamente è indisponibile creando nuovi disagi agli utenti».




Ieri, infatti, la linea B, la Roma-Viterbo, la Roma-Lido e in misura minore anche la linea A della metropolitana, hanno subito forti rallentamenti. Rabbia, sfinimento e malori per i pendolari: «Venti minuti d'attesa e corse saltate, l'ennesima vergogna. Per non parlare dei treni vecchi e puzzolenti su cui viaggiamo dove con questo caldo si fa praticamente la schiuma». Per tutto il giorno gli utenti hanno affollato i social network con foto e reclami: «La comunicazione è stata data tramite gli altoparlanti nelle stazioni ma a disagi già iniziati. Ci ho messo 1 ora per arrivare da Rebibbia all'Eur».



LA RIORGANIZZAZIONE

«Il fenomeno - spiegano dall'azienda -, che ha riguardato in particolare la linea B, sembra risentire di comportamenti correlati all'estensione, in conformità con le previsioni di legge in materia di orario di lavoro, anche al personale operativo, della sperimentazione di sistemi automatici di rilevazione delle presenze, peraltro già in uso per il restante personale dell'azienda. Siamo fortemente impegnati in un processo di cambiamento che riguarda la gran parte delle funzioni aziendali nella prospettiva, da un lato, di migliorare l'affidabilità nelle prestazioni di servizio erogate e dall'altro di conseguire livelli di efficienza».



Insomma, tradotto dal linguaggio aziendale, alcuni dipendenti di Atac lavorerebbero al rallentatore per protestare con la riorganizzazione interna. «Questo accordo è tutto un bluff - spiega Paolo Ventura, Fast Ferrovie - alla fine vogliono farci digerire le 39 ore poi tutto andrà avanti come al solito. In questa azienda non c'è più chi decide. Aumentano l'orario e intanto assumono un direttore generale con uno stipendio che supera parecchio le 200mila euro». «Hanno iniziato con gli amministrativi e ora passano ai macchinisti e poi ai conducenti di bus - dice Micaela Quintavalle, Cambia-menti - fanno i calcoli sulle ore senza pensare ad esempio che un macchinista durante il suo turno di lavoro non solo guida il treno ma ha una serie di compiti che coprono l'intero orario dalle manovre alle verifiche. Il medico non viene pagato solo quando è in sala operatoria ma anche quando osserva analisi di laboratorio».



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Il Messaggero