Atac, i paletti dei giudici per evitare il fallimento: «Il piano entro ottobre»

Atac, i paletti dei giudici per evitare il fallimento: «Il piano entro ottobre»
Altro che quattro mesi di «tregua», come si augurava qualcuno in Campidoglio. I giudici del Tribunale fallimentare vogliono iniziare a vedere le carte...

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Altro che quattro mesi di «tregua», come si augurava qualcuno in Campidoglio. I giudici del Tribunale fallimentare vogliono iniziare a vedere le carte dell'amministrazione M5S a stretto giro di posta. I polverosi uffici di Atac, abituati a muoversi con i ritmi pachidermici della burocrazia capitolina, dovranno cambiare ritmo. Il Tribunale che martedì ha accolto la richiesta di concordato preventivo ha imposto alla municipalizzata dei trasporti sull'orlo del crac una serie di paletti con scadenze serrate. Se non verranno rispettate, la prospettiva è quella del fallimento. Lo scrive chiaramente il pool di magistrati che il 26 settembre ha autorizzato il ricorso alla procedura concorsuale: «Il Tribunale fallimentare disporrà l'immediata abbreviazione del termine nel caso in cui emerga che l'attività compiuta sia manifestamente inidonea alla predisposizione della proposta o del piano» di risanamento.

La prima deadline è ravvicinata: il 27 ottobre, cioè tra meno di trenta giorni. Entro questa data il management di Atac, con l'avallo della giunta grillina di Virginia Raggi, dovrà depositare nella cancelleria del tribunale un documento con la situazione finanziaria aggiornata dell'azienda. Soprattutto, sempre entro il 27 ottobre, andrà già presentata una bozza del piano industriale per rimettere in carreggiata la più grande partecipata dei trasporti del Paese, 12mila dipendenti e un debito gigantesco che sfiora 1,3 miliardi di euro. Tutto molto prima, quindi, dei «quattro mesi» che ipotizzavano a Palazzo Senatorio prima che arrivasse il decreto dei giudici.

LA PRIMA RELAZIONE
I tempi quindi si accorciano, e non di poco. Entro fine mese sulla scrivania del giudice delegato Lucia Caterina Odello deve arrivare non il piano finale, ma comunque «una breve relazione informativa ed esplicativa sullo stato di predisposizione del piano, nonché sulla gestione corrente, anche finanziaria, allegandovi l'elenco delle più rilevanti operazioni compiute, sia di carattere gestionale, industriale, finanziario e solutorio di valore comunque superiore a 300mila euro».
I magistrati hanno chiesto anche un report sulla liquidità nelle malconce casse di Atac, che andrà girato ai tre commissari nominati, i quali in qualunque momento potranno segnalare «la violazione di uno degli obblighi di legge».
In generale i commissari dovranno «vigilare» su tutta l'attività dell'Atac fino alla scadenza dell'altro termine fissato dai magistrati, cioè il 27 novembre. Entro quella data il presidente e ad Paolo Simioni dovrà illustrare la proposta definitiva di concordato preventivo, con il piano integrale e dettagliato.
Un piano che a quel punto verrà messo ai voti tra i 1.190 creditori di Atac, che avranno la possibilità di valutare quale percentuale di rimborso (presumibilmente intorno al 70%) offrirà l'azienda comunale per strappare il «sì» delle imprese azzoppate da fatture non saldate per circa 300 milioni di euro. Intanto, entro il 12 ottobre, Atac dovrà versare 150mila euro per le prime spese del concordato.

Fino al termine della procedura, tutta la gestione sarà monitorata da vicino dai commissari. E non potranno essere compiuti, scrivono i giudici, atti di amministrazione straordinaria, a meno che non ci sia un'esplicita autorizzazione del Tribunale, e solo se adeguatamente motivati. Servirà il semaforo verde dei magistrati anche per «sospendere o sciogliere contratti pendenti» e «per contrarre eventuali finanziamenti».
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Il Messaggero