Atac, assunti a chiamata diretta «È la parentopoli dei sindacati»

Atac, assunti a chiamata diretta «È la parentopoli dei sindacati»
Una nuova Parentopoli sta per abbattersi sull'azienda del trasporto pubblico di Roma. Un'inchiesta interna della municipalizzata, che il direttore generale Marco...

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Una nuova Parentopoli sta per abbattersi sull'azienda del trasporto pubblico di Roma. Un'inchiesta interna della municipalizzata, che il direttore generale Marco Rettighieri è intenzionato a portare all'attenzione della Procura di Roma, ha accertato che oltre 350 dipendenti dell'Atac sono imparentati con i sindacalisti. Quasi tutti assunti, nel corso degli ultimi 10 anni, a chiamata diretta. Senza passare per un concorso pubblico. Il più delle volte arruolati con la qualifica da impiegati, pochissimi sono finiti a bordo di bus e metropolitane. Una pioggia di contratti proliferati all'ombra di procedure opache, che hanno contribuito a ingrossare a dismisura l'organico della partecipata comunale, che oggi sfiora gli 11.600 addetti, appesantendo i bilanci di un'azienda da anni sull'orlo del default: oltre un miliardo di debiti; bilancio in rosso di 60 milioni nel 2015 e una perdita prevista di 30 milioni per il 2016.


«INTRECCIO DANNOSO»
La ricognizione interna avviata dai nuovi vertici di Atac punta il dito contro uno dei mali atavici della partecipata del Campidoglio, quella saldatura tra politica e sigle sindacali che aveva già denunciato nel 2015, con una relazione riservata, l'ex diggì Francesco Micheli, parlando di un'azienda dove «contano più fedeltà, appartenenza e cordate» e dove «l'intreccio tra politica e sindacati ha prodotto danni irreparabili».
La nuova inchiesta è stata avviata in sordina. In pochi ne conoscono i dettagli, solo i più stretti collaboratori di Rettighieri. Ma già nei prossimi giorni i risultati di queste verifiche dovrebbero confluire in un nuovo dossier che il direttore generale vuole affidare ai pm di piazzale Clodio. Per portare avanti quel difficile percorso di «ripristino della legalità» annunciato fin dall'inizio del suo mandato e che è già sfociato in tre esposti consegnati direttamente al procuratore capo di Roma, Giuseppe Pignatone.

I primi accertamenti sul personale hanno fatto emergere uno spaccato inquietante. Per più di 350 dipendenti è già stato accertato un legame di parentela con i sindacalisti che operano nella municipalizzata (erano 161 i rappresentanti delle Rsu fino al 2014, poi sono stati ridotti a 127). Ma i controlli andranno avanti. E i numeri sono destinati a crescere.

IMPIEGATI
Anche perché questa prima fase dell'indagine ha preso in esame solo i contratti siglati dal 2006 in poi. La maggior parte delle assunzioni è stata fatta a chiamata diretta. Dal 2010 in poi, praticamente tutti i dipendenti saliti a bordo dell'Atac sono stati ingaggiati senza passare per una selezione pubblica.
In pochi, dopo essere stati assunti, sono finiti al volante di un autobus o nelle cabine di guida dei treni. Quasi sempre, i parenti dei sindacalisti, hanno guadagnato una poltrona e una scrivania. Vita da impiegati. Inamovibili, con la qualifica di amministrativi. Senza neanche la fatica di dover passare il turno di servizio a fare slalom tra le buche oppure al buio, nei tunnel della metropolitana.
 


IN PROCURA

L'ombra della nuova Parentopoli arriva in un momento delicato per i rapporti tra i nuovi vertici di Atac e i sindacati. Venti giorni fa, davanti alla Commissione Trasporti del Senato, Rettighieri ha riferito di avere denunciato in Procura altre anomalie che hanno coinvolto le sigle che rappresentano i lavoratori. Dalla gestione poco trasparente del dopolavoro e delle mense aziendali da parte di società riconducibili ai sindacalisti fino alla giungla dei distacchi, quasi 100mila ore l'anno di permessi sindacali su cui sta per calare una mannaia che a molti non piacerà. L'obiettivo è ridurre di oltre il 10% la mole abnorme di licenze concesse (a volte irregolarmente) negli ultimi anni. Un altro tentativo di spallata ai privilegi che hanno portato l'Atac sull'orlo del baratro. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero