Da Ardea aveva deciso di aprire un ristorante a Sermoneta, in provincia di Latina, in un locale di proprietà di un suo concittadino ma era incappato in un tentativo di...
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I proprietari del locale, Valentina Riccio, 35enne di Sermoneta, e Victor Marcovecchio, 34enne di Ardea, si sarebbero rivolti infatti ai nomadi per farsi pagare i canoni arretrati. Il 48enne ristoratore di Ardea, che aveva preso in locazione il locale, si sarebbe così visto chiedere il 19 settembre 2016 quindicimila euro da Agostino Riccardo, 34 anni, pregiudicato del capoluogo pontino, poi diventato collaboratore di giustizia, per evitare di essere aggredito dai fratelli Di Silvio, di 27 e 26 anni. Una richiesta scesa poi a cinquemila euro e che alla fine avrebbe visto il gruppo, di cui avrebbe fatto parte anche Renato Pugliese, anche lui esponente della criminalità locale pontina diventato collaboratore di giustizia, accontentarsi di duemila euro, non avendo il ristoratore altro denaro in quel momento.
I pm Luigia Spinelli e Claudio De Lazzaro hanno così ottenuto il giudizio per i fratelli Di Silvio e, con la sola accusa di tentata violenza privata, sempre per loro e per i presunti mandanti, Riccio e Marcovecchio, visto che avrebbero anche tentato di far ritirare al ristoratore la denuncia per diffamazione presentata per Riccio, alla luce di alcuni post su Facebook scritti dalla donna. Tutto aggravato dalle accuse di mafia. Con “Pupetto” che, per spaventarlo, avrebbe detto alla presunta vittima di aver già tentato di uccidere un esponente della criminalità locale. I pm avevano chiesto l’assoluzione per Riccio e Marcovecchio e le condanne di Pupetto e Samuele Di Silvio a 12 e 10 anni di reclusione. Tesi che ha cercato di smontare il difensore l’avvocato Oreste Palmieri. Il Tribunale ha assolto tutti dalla tentata violenza privata e condannato per l’estorsione con modalità mafiose i due fratelli. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero