Dopo le pecore, ecco le api: «Misureranno lo smog»

Dopo le pecore, ecco le api: «Misureranno lo smog»
Se una pecora può sfalciare, mangiandosela, l'erba di Roma e sopperire all'assenza cronica di giardinieri e bandi per la cura del verde, anche un'ape potrebbe...

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Se una pecora può sfalciare, mangiandosela, l'erba di Roma e sopperire all'assenza cronica di giardinieri e bandi per la cura del verde, anche un'ape potrebbe tornare utile alle necessità della Città Eterna. In primis perché questi insetti sono dei bio-indicatori naturali capaci di monitorare (e con precisione) il tasso di inquinamento atmosferico e idrico di una determinata zona. E poi perché producono tutta una serie di sostanze utilissime all'uomo: dal miele alla pappa reale fino alla cera. Ecco allora che l'amministrazione cinquestelle, dopo aver arruolato 50 mila pecore per ripulire i parchi della città, guarda alle api per controllare lo smog con un progetto (in fase di elaborazione) che punta nei prossimi tre anni a posizionare degli alveari in diverse zone della Capitale. Tra gli obiettivi del progetto, poi, anche quello di ristabilire l'impollinazione del verde urbano e sensibilizzare le nuove generazioni all'educazione ambientale con dei seminari scolastici. Non solo, c'è anche l'idea di sfruttare economicamente le api realizzando un prodotto spendibile tra i turisti con l'immagine di Roma che potrebbe chiamarsi il miele della Capitale.


L'IMPIEGO
Del resto, analizzano a palazzo senatorio, se sul tetto del Grand-Palais di Parigi ci sono 90 mila api che producono miele e monitorano i tassi d'inquinamento, perché non lo possiamo fare anche noi? E così la fattoria capitolina prova a crescere considerato che le api rendono più di un vantaggio rispetto alle pecore: danno una mano a capire quanto è sporca e inquinata un'area della città e producono sostanze utili. Il loro possibile reclutamento è planato sul tavolo della commissione Ambiente lo scorso 3 aprile quando il presidente Daniele Diaco ha riunito rappresentanti del dipartimento e cultori della materia per discutere il progetto di apicultura urbana. Tecnicamente il progetto ancora in fase embrionale punterebbe in prima battuta a usare le api come sentinelle e centraline anti-smog. Si procederà per gradi, partendo dalla creazione di un primo apiario con un minimo di 3 arnie (le casette per questi insetti) in una villa storica di Roma. In commissione è stata suggerita Villa Pamphilj ma non si esclude il possibile coinvolgimento del castelletto di Villa Sciarra. Dopodiché si potrebbe procedere all'istituzione di un alveare (che in media ospita circa 50 mila api) in ogni Municipio della Capitale. Tra le idee anche quella di creare un apiario tra i barconi ormeggiati sul Tevere.

Cosa andrebbero a fare le api? Dall'apiario posto in un'area verde questi insetti possono volare fino a un raggio di 3 chilometri e si potrebbe osservare nell'arco di 15 giorni il loro comportamento per capire se e a che livelli , in atmosfera o nel terreno, ci sono agenti inquinanti. In che modo? «Contando le api morte o analizzando si legge nel verbale della commissione eventuali tremori» ma anche studiando la cera prodotta e le sostanze che restano intrappolate nel pelo che ricopre l'insetto attraverso degli accordi con università o laboratori d'analisi.

TEMPI E COSTI

Passiamo ora ai tempi e ai costi dell'operazione. Il Comune potrebbe limitarsi a cedere ad associazioni specializzate degli spazi pubblici lasciando loro l'incombenza economica, comunque contenuta giacché un alveare di tre moduli costerebbe in media 21 mila euro, oppure potrebbe finanziare il progetto con fondi da isolare nel prossimo Bilancio. Resta però un aspetto su cui il Campidoglio dovrà ingegnarsi. Se le pecore suscitano in prima battuta ilarità, le api mettono paura e in più, per i soggetti allergici, potrebbero portare a choc-anafilattici se decidessero di pungere. Per questo il dipartimento Ambiente, in un'ottica di sicurezza, sta ragionando sulla possibilità di recintare gli apiari con strutture di vetro di circa due metri.
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Il Messaggero