Sono quindici i guardiaparco più il comandante e due coordinatori dell'ente regionale a rischio contagio da antrace ai Castelli Romani. Queste persone hanno vigilato...
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COORDINAMENTO
«L'ordinanza precisa - è stata emessa venerdì 1 settembre ma ne siamo venuti a conoscenza soltanto il lunedì successivo all'apertura degli uffici. I guardiaparco però erano nella zona infetta' anche quel fine settimana, quindi ritengo che una telefonata per avvisarci sarebbe stata gradita». Quella telefonata avrebbe evitato un rischio enorme che ora pesa su 18 famiglie: «La preoccupazione c'è anche se nessuno si è sentito male continua Caracci infatti stiamo monitorando la situazione per decidere se sottoporre il personale a profilassi per precauzione. Ripeto, io ho saputo dai giornali che c'era questa ordinanza che ai miei uffici è arrivata per conoscenza ed è stata visionata il lunedì». Di fatto dunque, sembra esserci stata un'assenza di regia e coordinamento tra Enti, almeno nella prima fase dell'esplosione del caso antrace. Situazione presto recuperata tanto che presso la direzione regionale Salute e Politiche Sociali è stata attivata una task-force che coinvolge l'ospedale Spallanzani, l'Istituto Zooprofilattico del Lazio e della Toscana ed la Asl Roma 6. Gli Enti hanno fatto sapere che in totale risultano deceduti 13 bovini, su 4 dei quali è stata confermata la presenza del batterio bacillus anthracis. Nella prima settimana di settembre sono stati segnalati due casi sospetti di carbonchio cutaneo di cui uno confermato in laboratorio: «Il caso confermato, infatti si legge in una nota - si è verificato in un veterinario venuto a contatto accidentalmente con il sangue di uno degli animali morti nel focolaio, nel corso di un prelievo di campioni». Intanto, per gli animali e allevamenti del comprensorio è stato predisposto un piano vaccinale e il controllo settimanale di tutte le persone che possono essere entrati in contatto con i bovini infetti oltre all'attivazione di un protocollo d'informazione diversificata per allevatori, veterinari e medici di famiglia e del pronto soccorso.
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Il Messaggero