L'antica Roma era come New York, un mix di persone di origini diverse. Sin dalla sua origine infatti è stata un crocevia di civiltà: etnie anatoliche, iraniane e...
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ricostruire 12.000 anni di migrazioni.
La scoperta, a cui la rivista Science dedica la copertina, si deve a un gruppo internazionale, coordinato da Alfredo Coppa, antropologo fisico dell'università Sapienza di Roma, da Ron Pinhasi, che insegna antropologia evolutiva all'università di Vienna, e da Jonathan Pritchard, genetista e biologo dell'università americana di Stanford. Grandissima la partecipazione italiana, con numerose università, Soprintendenze archeologiche e ministero dei Beni Culturali. «Per la prima volta - ha detto Coppa - abbiamo quantificato, grazie ai dati biologici, le direttrici migratorie da cui sono arrivate le popolazioni durante la crescita dell'Impero Romano».
La ricerca mostra che circa 8.000 anni fa l'area di Roma era già popolata da cacciatori-raccoglitori, e si è arricchita della presenza di agricoltori di origine mediorientale, anatolici e sorprendentemente anche iraniani; successivamente, tra 5.000 e 3.000 anni fa, sono arrivate popolazioni dalla steppa ucraina. Con la nascita di Roma e il costituirsi dell'Impero Romano, la variabilità genetica è cambiata, con arrivi soprattutto dalle aree del Mediterraneo orientale e del Medio Oriente.
Durante il periodo imperiale, «Roma era come New York: una concentrazione di persone di diverse origini», ha osservato il genetista Guido Barbujani, dell'università di Ferrara, che non ha partecipato allo studio. Nei secoli successivi ha spiegato Coppa, «l'influenza orientale sparisce» e i dati genetici raccontano di arrivi, prima, dall'Europa occidentale e, dopo, dall'Europa centrale e settentrionale. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero