Amianto alla Zecca, due morti sospette. Fascicolo della Procura per omicidio colposo

Amianto alla Zecca, due morti sospette. Fascicolo della Procura per omicidio colposo
Non solo ammalati. Ci sarebbero state anche delle morti per l'esposizione all'amianto che per trent'anni ha rivestito la sede storica dell'Istituto Poligrafico e...

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Non solo ammalati. Ci sarebbero state anche delle morti per l'esposizione all'amianto che per trent'anni ha rivestito la sede storica dell'Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato, al chilometro sette di via Salaria. I mille dipendenti, impegnati in tre turni a confezionare e stampare la Gazzetta Ufficiale, non sapevano di lavorare in strutture che probabilmente contenevano la fibra killer. Voci e segnalazioni erano state smentite da controlli e rassicurazioni. Il caso così è finito solo di recente in Procura, dove il fascicolo, aperto su segnalazioni delle Asl, accertate le prime due vittime, è stato rubricato con l'ipotesi di reato di omicidio colposo invece di lesioni gravissime. L'ultima vittima un operaio romano che aveva lavorato nelle officine per 42 anni. Ed è morto per un mesotelioma pleurico, il tipico tumore ai polmoni che insorge in chi ha inalato per anni le fibre del minerale noto anche come asbesto.






IL DOSSIER

Sul tavolo del procuratore aggiunto Roberto Cucchiari e del pubblico ministero Mario Dovinola, titolari dell'inchiesta, nei prossimi giorni arriverà un dossier realizzato da ex lavoratori che hanno elencato un trentina di morti sospette e ricostruito i ritardi per la bonifica. Un dossier che potrebbe aiutare gli inquirenti a scoperchiare il caso sulla gestione dell'ex tipografia dello Stato. Troppe segnalazioni all'Inail, all'Inps, all'Ispettorato del lavoro, ai presidi sanitari, per denunciare la situazione dello stabilimento quasi interamente rivestito, da amianto di matrice friabile, sono state ignorate a discapito dei lavoratori. Invece erano trentamila i metri quadri, tra pareti e soffitti rivestiti con amianto soffiato. Negli anni sessanta quando l'edificio venne acquistato dallo Stato dalla società inglese Bowater sembrava una rifinitura di avanguardia.



I RITARDI


«Abbiamo subito i ritardi decennali della bonifica - ha spiegato l'ex dipendente, Stefano Vannucci - Eppure già nel 1986 la allora Usl Rm4 ha ufficializzato per la prima volta la pericolosità dell'amianto nell'edificio. Ma nulla è stato fatto. Viene messo tutto a tacere, con quella che noi sospettiamo sia la falsa verità del 1991 quando si arriva a sostenere che le fibre d'amianto in questione fossero «di amosite, tra le meno pericolose». Così si perdono altri anni prima di arrivare alla bonifica realizzata tra il 2002 e il 2008. Nel frattempo, anche a causa degli innumerevoli impianti di aerazione, le fibre di amianto hanno continuato a disperdersi nell'aria. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero