Non solo ammalati. Ci sarebbero state anche delle morti per l'esposizione all'amianto che per trent'anni ha rivestito la sede storica dell'Istituto Poligrafico e...
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IL DOSSIER
Sul tavolo del procuratore aggiunto Roberto Cucchiari e del pubblico ministero Mario Dovinola, titolari dell'inchiesta, nei prossimi giorni arriverà un dossier realizzato da ex lavoratori che hanno elencato un trentina di morti sospette e ricostruito i ritardi per la bonifica. Un dossier che potrebbe aiutare gli inquirenti a scoperchiare il caso sulla gestione dell'ex tipografia dello Stato. Troppe segnalazioni all'Inail, all'Inps, all'Ispettorato del lavoro, ai presidi sanitari, per denunciare la situazione dello stabilimento quasi interamente rivestito, da amianto di matrice friabile, sono state ignorate a discapito dei lavoratori. Invece erano trentamila i metri quadri, tra pareti e soffitti rivestiti con amianto soffiato. Negli anni sessanta quando l'edificio venne acquistato dallo Stato dalla società inglese Bowater sembrava una rifinitura di avanguardia.
I RITARDI
«Abbiamo subito i ritardi decennali della bonifica - ha spiegato l'ex dipendente, Stefano Vannucci - Eppure già nel 1986 la allora Usl Rm4 ha ufficializzato per la prima volta la pericolosità dell'amianto nell'edificio. Ma nulla è stato fatto. Viene messo tutto a tacere, con quella che noi sospettiamo sia la falsa verità del 1991 quando si arriva a sostenere che le fibre d'amianto in questione fossero «di amosite, tra le meno pericolose». Così si perdono altri anni prima di arrivare alla bonifica realizzata tra il 2002 e il 2008. Nel frattempo, anche a causa degli innumerevoli impianti di aerazione, le fibre di amianto hanno continuato a disperdersi nell'aria. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero