Roma, usava l'auto di servizio per andare con l'amante: condannato poliziotto

Roma, usava l'auto di servizio per andare con l'amante: condannato poliziotto
Usava l'auto di servizio per andare a trovare l'amante, o per dirigersi nella sua sala giochi preferita. A volte dichiarava a verbale di essere sul posto di lavoro, mentre...

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Usava l'auto di servizio per andare a trovare l'amante, o per dirigersi nella sua sala giochi preferita. A volte dichiarava a verbale di essere sul posto di lavoro, mentre invece era seduto al tavolo di un ristorante fuori porta. Le abitudini da viveur di Antonio Franco, ex dirigente del commissariato di Ostia, gli costano ora una pesante condanna.

Accogliendo la richiesta del pm Mario Palazzi, il gip Massimo Lauro ha disposto per il commissario 4 anni di reclusione, con l'accusa di truffa, peculato e falso. Non si tratta delle contestazioni più pesanti che gravano sulle spalle dell'ex dirigente. Lo scorso anno Franco è finito in manette per corruzione, falso e accesso abusivo al sistema informatico. Avrebbe agevolato Mauro Carfagna, amministratore di alcune società che gestiscono le sale giochi del Lido e legato a Ottavio Spada. Il dirigente avrebbe pilotato i controlli della polizia nei locali dell'amico, «assicurando un esito favorevole delle procedure attivate», scriveva il gip nell'ordinanza d'arresto. In cambio delle gentilezze, Franco avrebbe ricevuto da Carfagna il pagamento del canone mensile di locazione di un appartamento a Ostia usato dal dirigente per incontrarsi con una donna con cui intratteneva una relazione.

LE CONTESTAZIONI

Ieri l'imputato è stato condannato in un procedimento connesso. Dalle indagini è infatti emerso che avrebbe utilizzato la Smart di servizio «per finalità esclusivamente personali». Per confezionarsi un alibi, avrebbe anche dichiarato falsamente «di aver prestato servizio ordinario e straordinario in orario nei quali era intento in occupazioni private». La Procura gli contestava anche la truffa perché «con artifici e raggiri induceva in errore il Ministero dell'Interno circa la sua presenza sul luogo di lavoro, al fine di procurarsi l'ingiusto profitto rappresentato dalla retribuzione non dovuta». L'avvocato difensore Nicola Capozzoli dice: «Riteniamo infondate le accuse e andremo in appello convinti di veder riconosciute le nostre ragioni».
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Il Messaggero