Crisi Ama, stipendi a rischio: le banche chiudono i rubinetti

Crisi Ama, stipendi a rischio: le banche chiudono i rubinetti
«O paghiamo gli stipendi, o paghiamo i fornitori» dicono nei corridoi della sede di Ama di via Calderon de la Barca, musi lungi e nervi tesi. Presto non sarà...

OFFERTA SPECIALE

2 ANNI
159,98€
40€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA MIGLIORE
ANNUALE
79,99€
19€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
 
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA

OFFERTA SPECIALE

OFFERTA SPECIALE
MENSILE
6,99€
1€ AL MESE
Per 6 mesi
SCEGLI ORA
ANNUALE
79,99€
11,99€
Per 1 anno
SCEGLI ORA
2 ANNI
159,98€
29€
Per 2 anni
SCEGLI ORA
OFFERTA SPECIALE

Tutto il sito - Mese

6,99€ 1 € al mese x 12 mesi

Poi solo 4,99€ invece di 6,99€/mese

oppure
1€ al mese per 6 mesi

Tutto il sito - Anno

79,99€ 9,99 € per 1 anno

Poi solo 49,99€ invece di 79,99€/anno
«O paghiamo gli stipendi, o paghiamo i fornitori» dicono nei corridoi della sede di Ama di via Calderon de la Barca, musi lungi e nervi tesi. Presto non sarà possibile saldare le fatture per il gasolio che fa andare avanti i camion, per i pezzi di ricambio, per il trasporto dei rifiuti al nord. La spazzatura resterà per strada. E i dipendenti ora davvero rischiano di non ricevere puntualmente lo stipendio. In cassa la liquidità sta finendo, Lorenzo Bagnacani lo ha fatto sapere, con l'ennesima lettera alla sindaca Virginia Raggi, ma Roma Capitale ha risposto che Ama non può trattenere l'incasso della Tari, rimandando tutto a una fantomatica cabina di regia, come se il tempo non stesse scadendo.


LO STOP

Eppure, ieri le banche hanno inviato l'ennesima missiva, spiegando che i rubinetti sono destinati a essere chiusi. Spiegano che le linee B e C dei finanziamenti non possono più essere autorizzate perché erano subordinate al ricevimento, entro il primo febbraio, di tre documenti da Roma Capitale: il bilancio 2017 approvato (è stato bocciato), la lettera con cui il Campidoglio garantisce i prestiti, il via libera al contratto di servizio. Non c'è nulla. Ama è a un passo dal baratro. Ieri tutti i dirigenti sono accorsi nella sede di Calderon de la Barca, il clima era tra l'incredulo e la paura, con Bagnacani che resta chiuso nel bunker, non ha intenzione di dimettersi, forte anche del materiale su cui sta lavorando la procura. La giunta Raggi ripete «risolveremo tutto» come sta facendo da undici mesi, senza passare dalle parole ai fatti. «Se Bagnacani andava sostituito perché non farlo prima? Perché hanno tirato talmente la corda da causare la lettera delle banche? Perché non hanno rinnovato il collegio sindacale nei tempi previsti dalla legge?» chiedono in tanti. Tra il personale - 7.800 dipendenti, dal funzionario a chi svuota ogni notte i cassonetti - aumenta l'inquietudine: stipendi in ritardo significano rate dei mutui a rischio, impegni che non possono essere mantenuti, incertezza. Ieri c'era chi voleva organizzare una manifestazione sotto il Campidoglio, ma i sindacati hanno preferito mantenere i nervi saldi. Né con Bagnacani, né con la Raggi, è il mantra. Il Campidoglio ha chiesto tempo fino a lunedì garantendo che per quel giorno risolverà la situazione. L'agonia di Ama - altro che investimenti sulle «fabbriche dei materiali» e sui tredici nuovi impianti - è ormai oggetto di un'inchiesta della Procura della Repubblica e di un'altra della Corte dei conti. Se non si pagano gli stipendi, se non si assicura la continuità aziendale, Bagnacani, che non ha intenzione di dimettersi perché rivendica la bontà e il rispetto della legge del suo operato, porterà i libri in tribunale. Anche l'ipotesi del concordato rischia di saltare. «Come siamo arrivati a questo punto? - ragiona a voce alta un dirigente che chiede l'anonimato - La giunta Raggi da una parte, Bagnacani dall'altra, stanno guidando le rispettive automobili a duecento all'ora, una contro l'altra. E nessuno in questi mesi ha tolto il piede dall'acceleratore. Chi ci rimette? Ama, i dipendenti, i romani». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero