Così l'Ama è stata a un passo dal fallimento sotto i colpi di Cerroni. E l'allarme è ancora rosso

Così l'Ama è stata a un passo dal fallimento sotto i colpi di Cerroni. E l'allarme è ancora rosso
Se la Colari di Cerroni avesse vinto di fronte al collegio arbitrale e avesse maturato il diritto di pretendere 900 milioni di euro dall'Ama, l'effetto sarebbe stato...

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Se la Colari di Cerroni avesse vinto di fronte al collegio arbitrale e avesse maturato il diritto di pretendere 900 milioni di euro dall'Ama, l'effetto sarebbe stato catastrofico (e non è una esagerazione). Ci sarebbe stato il fallimento dell'azienda dei rifiuti, sarebbero aumentate le difficoltà economiche del Campidoglio con effetti immediati sul piano di rientro dal debito. E sulle tasse che ogni romano deve pagare. L'Ama sarebbe dovuta scendere a patti con Colari e probabilmente Manlio Cerroni, 87 anni, avrebbe davvero consolidato il suo quasi monopolio dei rifiuti per sempre. «In passato - ha detto Daniele Fortini, dopo la sua nomina a presidente dell'Ama nel 2014 - l'Ama è sempre stata molto debole, quasi remissiva, nelle battaglie legali con Cerroni. Abbiamo rischiato davvero di essere condannati a pagare. Ma l'Ama e i cittadini romani non devono un centesimo a Cerroni».




Perché Colari pretendeva un risarcimento con il quale - tanto per fare capire l'entità della cifra - si potrebbe tranquillamente comprare il Milan da Berlusconi? Tutto nasce da un contratto sciagurato che l'Ama stava per firmare con Cerroni per l'esclusiva del trattamento dei rifiuti, che comprendeva anche la possibilità di accendere le linee di termovalorizzazione di Malagrotta. Durata? Dieci anni.



Va dato atto alll'ex sindaco Alemanno di aver bloccato in extremis questa intesa e l'allora ad dell'Ama, Salvatore Cappello, fu costretto a dimettersi. Con l'elezione di Marino e la nomina di Fortini al vertice dell'Ama, in coincidenza anche con l'inchiesta della procura su Cerroni, la rottura con il passato, con un rapporto che durava da quarant'anni, è stata netta. È stata chiusa la discarica di Malagrotta e a settembre, e questa è davvero una rivoluzione per Roma, sarà fatta una gara d'appalto per il trattamento di 600 mila tonnellate all'anno (valore 240 milioni per 4 anni) che scegliere le offerte migliori tra i soggetti privati. Fino ad oggi quel business era garantito senza gara alla Colari. Ma se Cerroni avesse vinto il lodo chiaramente tutta questa operazione sarebbe stata messa in pericolo. Tutto bene dunque? No. Prima di tutto c'è un altro lodo di Cerroni che chiede altri 90 milioni per la copertura e la bonifica della discarica di Malagrotta. Campidoglio e Ama sono convinti che anche in questo caso la cifra non sia dovuta perché negli anni la Colari ha incassato una parte di tariffa anche per l'opera di copertura della discarica (che non è mai cominciata e questo è molto grave). Inoltre, fino a quando non sarà aggiudicata la gara la metà dei rifiuti indifferenziati prodotti da Roma continua ad andare nei Tmb di Malagrotta di Cerroni che si trova con un'arma in mano non da poco. Basta che, ops, si rompa un bullone in un impianto e i macchinari si fermano lasciando nei guai Roma.



Questo sicuramente non succederà perché bisogna credere nella buona fede di Cerroni e dei dipendenti di Colari (che fino ad oggi hanno sempre garantito il servizio senza esitazioni) però resta il fatto che questa fase di passaggio, di fine del quasi monopolio, è assai delicata. Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero