Se il vero problema è la (mancata) manutenzione della Capitale, che l'ha resa vulnerabile ad alluvioni ed emergenze di ogni tipo, le linee rosse dell'allarme...
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I RISCHI
Ma il pericolo più serio è per quelle zone che rischiano di restare sott'acqua alla prima piena dei fiumi. La storia recente insegna quali sono i punti più critici: se da una parte i muraglioni sulle sponde del Tevere hanno certamente migliorato la situazione nel centro storico, uniti alle dighe artificiali di Corbara, Alviano e Castel Giubileo. Nell'area centrale di Roma i principali problemi arrivano dalla strozzatura di Ponte Milvio - che mette a rischio di esondazione anche il quartiere Flaminio e le aree di Tor di Quinto, del Foro Italico e della Farnesina - e le aree abitate a valle della città, in particolar modo in corrispondenza della foce a Fiumicino: Acilia, Infernetto, Casal Palocco e Ostia Antica hanno già subito gravi danni anche recentemente, in occasione di particolari ondate di maltempo.
LE PERIFERIE
Altre aree a rischio elevato nell'area urbana di Roma sono quella della Tiburtina, fra San Basilio e Rebibbia, dove il pericolo arriva da possibili esondazioni dell'Aniene (e dove c'è l'area industriale), e alcune parti di Casal de'Pazzi e Montesacro. Poi ci sono le zone critiche nell'area settentrionale, anch'esse duramente colpite negli ultimi anni: a cominciare da Prima Porta e Labaro (vicino allo sbarramento sul Tevere di Castel Giubileo). Poi, superando il centro storico e seguendo il corso del Tevere verso sud, il quartiere di Eur-Torrino, Tor di Valle e tutta l'area prossima alla foce.
IL SOTTOSUOLO
Il territorio di Roma ha anche problemi di tenuta delle strade costruite sopra cave di tufo e fungaie, che si protraggono per centinaia di chilometri nel sottosuolo della Capitale. A rischio, secondo gli speleologi dell'associazione Roma Sotterranea, ci sarebbe tutta la zona sud-est della Capitale in un'ipotetica fetta di città che va dall'Ardeatina fino alla Collatina, più tutto il quadrante di Monteverde. Nella scorsa primavera, per esempio, si sono aperte alcune voragini nel quartiere di Casalotti, ma esempi si sono verificati anche in altre zone.
IL TERRENO
E poi ci sono le frane, prova evidente dell'impatto del rischio idrogeologico sul territorio: come quella che, nove anni fa, fece cadere su viale Tiziano un costone della collina dei Parioli, distruggendo quattro automobili e la pista ciclabile, realizzata proprio sulla parete del rilievo. Nei mesi successivi alla frana, peraltro, si erano verificati ulteriori cedimenti lungo il lato di via di San Valentino e viale Bruno Buozzi. Tristemente famosi, in tempi più recenti, gli smottamenti di terreno, avvenuti nell'inverno del 2014, che hanno provocato cinque mesi di ingorghi per la chiusura della carreggiata della tangenziale est, tra Collina Fleming e Farnesina. Nonostante tutto ciò l'assenza di programmazione, e la costante riduzione dei fondi disponibili, fanno sì che la Capitale aspetti ancora risposte credibili, per mettere in sicurezza il territorio.
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Il Messaggero