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che sappia curare
la memoria troppo corta...
@fedebassano
Una montagna di terra a coprire un pozzo. Non un pozzo qualsiasi.
Ma quel maledettissimo pozzo artesiano che 33 anni fa inghiottì il piccolo Alfredino Rampi a Vermicino. Una montagna di terra apparsa dal nulla qualche giorno fa - segnala la lettrice Bianca Notari - ha seppellito il tubo rosso che ancora indicava il luogo di quella tragedia. Non solo. Ha seppellito tutto. Ha seppellito un pezzo di storia di questo Paese che chiunque abbia più di 40 anni ricorda con dolore.
Ricordi in bianco e nero come la faccia triste di Piero Badaloni mentre al tg annunciava la caduta di un bimbo di sei anni nel pozzo. Come il Presidente della Repubblica Sandro Pertini a testa bassa tra la gente. Ricordi di una diretta infinita della Rai e il tormento di Giancarlo Saltalmassi su dove dovesse fermarsi il diritto di cronaca; se andassero interrotte o meno le trasmissioni davanti al pianto di Alfredino, alle sue parole. Quelle della madre che cercava di rincuorarlo. E a quei bisbigli che con il passare delle ore divennero rantoli.
Quella tragedia ha segnato un Paese. Ha costretto i media a guardarsi allo specchio, ha dato la spinta per la nascita della Protezione civile. Eppure nessuno ha pensato che dove c’era quel tubo rosso potesse nascere un monumento per non dimenticare. «Si è preferito l’oblio- scrive la lettrice - come spesso accade in Italia». Fa paura una città senza memoria. Che dimentica Alfredino come forse, in questi giorni di rigurgiti antisemiti, ha dimenticato il piccolo Stefano Gaj Tache morto a due anni in un attentato terroristico alla sinagoga di Roma.
davide.desario@ilmessaggero.it Leggi l'articolo completo su
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