Roma, morto il musicista pestato a Monti. La mamma: «Non perdono chi ha ucciso Alberto»

Roma, morto il musicista pestato a Monti. La mamma: «Non perdono chi ha ucciso Alberto»
«Non sapevo se soffriva, se sentiva dolore. Piangeva e mi fissava. Sa cosa vuol dire per una mamma? Perdonare gli aggressori...

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«Non sapevo se soffriva, se sentiva dolore. Piangeva e mi fissava. Sa cosa vuol dire per una mamma?


Perdonare gli aggressori di Alberto? Mai».







Il dolore più profondo non ha mai riposato nel cuore di Patrizia Bonanni, la mamma di Alberto, il giovane musicista morto sabato: un'agonia durata più di tre anni, in coma vegetativo dopo essere stato pestato nelle notti violenti della movida il 26 giugno a Monti.



Patrizia Bonanni, dopo anni di agonia Alberto ha smesso di respirare sabato alle 17. Lei ha perso dieci chili, suo marito non dorme da tre anni.

«Me l'hanno ammazzato, Alberto ha smesso di vivere quando è entrato in coma a 29 anni, poche ore dopo quella maledetta aggressione. Non hanno avuto pietà, l'hanno colpito anche con un casco in testa quando era già a terra. Sono i figli che dovrebbero assistere i genitori, non il contrario. Da quel giorno il mondo si è fermato».



Siete entrati nell'abisso del dolore.

«Dolore e rabbia. Dopo i primi mesi all'ospedale San Giovanni, ne abbiamo passati 18 alla clinica Santa Lucia. Poi abbiamo portato Alberto a casa a Roviano. Mio marito Evaristo non ha dormito per tre anni, seduto su una sedia accanto al figlio ogni notte perché dovevamo assisterlo in tutto e nel 2012 si è licenziato. Un colpo di tosse e correvamo da lui, ad aspirare il catarro: Alberto mi fissava, piangeva, ma io dovevo farlo per non farlo soffocare. Dormivo qualche ora perché devo gestire il negozio di macelleria, unica forma di sostentamento della famiglia, poi verso le 4,30 mi svegliavo, preparavo il caffè e con Evaristo iniziava una nuova giornata con Alberto. Io correvo a lavoro, il papà stava con lui, ogni tanto lo metteva sulla carrozzina e lo portava a fare una passeggiata in paese».



Una settimana fa Alberto ha avuto un peggioramento.

«Aveva la polmonite, è morto sabato per una crisi respiratoria all'ospedale di Subiaco dopo essere stato ricoverato al Policlinico Umberto I».



Come comunicava con Alberto?

«Con il battito degli occhi. Gli chiedevo di stringerli e non aprirli per dirmi che mi voleva bene: lui stringeva fortissimo. Tre battiti per dire al papà che lo voleva accanto. Aveva anche iniziato a dire “mam”, “mam”».



Provava a chiamarla?

«Sì, amore mio...»



Qualcuno vi ha aiutati?

«Solo a novembre dello scorso anno Alberto ha iniziato a ricevere la pensione di invalidità, 270 euro. Ne spendevamo almeno 500 per medicine e supporti. Abbiamo fatto ogni tipo di sacrificio. Come noi ci sono tante altre famiglie conosciute al Santa Lucia che hanno figli ridotti così. Pensateci, fate qualcosa per loro. Per esprimermi solidarietà mi scrisse una lettera anche Concetta Scazzi, la mamma di Sarah».



Quattro sentenze (Massimiliano Di Perna, Gaetano Brian Bottigliero, Cristian Perozzi, Carmine D'Alise) per tentato omicidio, massimo della pena 13 anni e 9 mesi. L'avvocato Federica Mondani spiega che se fossimo stati ancora nel merito quasi in automatico ci sarebbe stato il cambio dell'imputazione in omicidio volontario. Ora è più complesso.

«So solo che mio figlio è morto e loro sono vivi. Alle udienze provavo rabbia e disgusto. Da cuore di mamma avrei preferito addirittura che mio figlio fosse sul banco degli imputati e ancora in vita. Non li perdonerò mai, non mi hanno mai chiesto scusa. Devono perdonare se stessi, ma non possono riuscirci».



I medici hanno scoperto un tumore al cervello.


«Anche gli avvocati hanno spiegato che avrebbe vissuto per altri decenni, il tumore non è mai avanzato. Mio figlio è entrato in coma per il pestaggio, prima stava bene: era andato a suonare in un locale a Monti, aveva tutto il futuro davanti. Amava la musica, suonava da bimbo nella banda del paese, le note suoneranno anche domani (oggi n.d.r.) ai funerali alle 15 a Roviano dove sarà lutto cittadino. Ora vogliamo riposare. Adesso Alberto suona: su una nuvola con gli angeli». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero