Rieti, Universiadi, esordio positivo per Cericola: gioca da titolare 65' a 187 giorni dall'infortunio: «Sensazioni incredibili». Foto

Matteo Cericola
RIETI - Centottantasette giorni dopo il grave infortunio al malleolo del piede sinistro, subìto il 30 dicembre scorso durante Rieti-Matera, Matteo Cericola torna a giocare...

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RIETI - Centottantasette giorni dopo il grave infortunio al malleolo del piede sinistro, subìto il 30 dicembre scorso durante Rieti-Matera, Matteo Cericola torna a giocare una gara ufficiale e lo fa con la maglia della Nazionale Universitaria addosso, al 19 per l'esattezza.

 
A Cava de' Tirreni, contro l'Ucraina - nella seconda giornata della fase a gironi - gli azzurri del ct Arrigoni vincono 2-0 grazie ai gol di Mercadante e Strada nel finale del primo tempo e per l'esterno d'attacco capitolino 65' di gioco filati, nel corso dei quali una volta smaltita l'emozione del momento, mette il turbo e diventa il punto di riferimento del gioco di Arrigoni. Dal suo piede parte anche l'azione del raddoppio: ruba palla al terzino, se lo porta sulla bandierina, libera la giocata di un compagno dal cui cross nasce la rete della qualificazione. Ora, ai quarti, la Nazionale affronterà una tra Brasile, Francia e Sudafrica, ma per il momento CER7 si gode il ritorno in campo, mettendosi alle spalle mesi e mesi di paure, timori e bocconi amari digeriti per forza anche quando fisicamente si sentiva già pronto per poter aiutare il Rieti nella fase finale del campionato. 

«E' stata un'emozione incredibile - racconta dal ritiro della Nazionale, Matteo Cericola - Partenza un po' diesel, poi tutto è andato per il verso giusto. L'ammonizione ad inizio ripresa non ci voleva, anche perché eravamo in superiorità numerica, ma quando sei in campo e dai tutto, può capitare. Il futuro? Ora penso a vivere serenamente questa esperienza, al termine della quale insieme al mio procuratore valuteremo quello che ci verrà proposto. Il Rieti? Dal 1° luglio sono un giocatore libero, ho trascorso 4 anni belli ed intensi, specialmente il primo e l'ultimo: per me quella maglia ha sempre rappresentato una seconda pelle, in quella città vivo come se stessi a casa mia, ma purtroppo i matrimoni si fanno in due. Vedremo». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero