Rieti, tra coronavirus e terremoto la vita a Zagabria del reatino Valerio Fabri: «Sto bene ma il momento è difficile»

Valerio Fabri
RIETI - Due scosse di magnitudo 5.3 e 4.9, registrate alle 6,24 e alle 7,01 del mattino con un epicentro a 10 chilometri di profondità, che ieri mattina, 22 marzo, hanno...

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RIETI - Due scosse di magnitudo 5.3 e 4.9, registrate alle 6,24 e alle 7,01 del mattino con un epicentro a 10 chilometri di profondità, che ieri mattina, 22 marzo, hanno gettato nel panico Zagabria e anche il 26enne reatino Valerio Fabri, che nella capitale croata aveva prima vissuto durante l’Erasmus del corso di laurea in Scienze Politiche e ora è tornato a viverci per lavoro.


Un’emergenza, quella del terremoto, che a Zagabria al momento non ha fatto registrare vittime e che non si ricordava più da 140 anni, cioè da quando nel 1880 si verificò l’ultima, pesante scossa. Scene simili, purtroppo, a quelle vissute ormai troppo spesso dall’Italia degli ultimi anni e che nella capitale sono state aggravate anche dall’emergenza Covid-19: «Subito dopo il terremoto siamo scesi in strada e tutti erano fuori dalle case – racconta Fabri a Il Messaggero – Sono giunti militari da altre città, ho visto la torre della cattedrale crollata e so che alcuni ospedali sono stati costretti ad evacuare tutti i pazienti, persino dalla terapia intensiva e dal reparto neonatale, dal quale le mamme sono fuggite tenendo in braccio i neonati. Io vivo in una zona leggermente fuori dal centro storico ed è stata una fortuna, perché qui ci sono palazzi costruiti durante l’epoca di Tito che hanno tenuto bene. Nei nuovi quartieri non si sono registrati danni, il problema è il centro storico».

L’EMERGENZA COVID-19

Al momento, in Croazia si registrano centinaia di casi positivi al coronavirus: «Qui la risposta del governo è stata un po’ tardiva perché tutto è stato sospeso solo a partire dall’ultimo fine settimana, con restrizioni simili a quelle italiane – spiega Valerio - Io lavoro per un’azienda italiana che opera nel mercato turistico mondiale e a causa del coronavirus avevamo implementato lo smart working. A livello psicologico le scosse hanno pesato molto perché la Croazia non è una zona notoriamente sismica. Non è stata comunque una situazione tragica come quella di tanti altri terremoti, anche italiani, ma tutto è stato aggravato dal fatto che le persone, scese impaurite in strada, dovevano mantenersi a distanza a causa del rischio di contagio. Erano 140 anni che non tirava il terremoto e giustamente doveva verificarsi proprio in questi giorni».


Nonostante l’accumulo delle emergenze, al momento Valerio non pensa di tornare a casa dalla sua famiglia: «Siamo rientrati a casa e abbiamo ripulito tutti i danni prodotti dalla scossa – conclude Fabri - Vedremo cosa accadrà. Ma, al momento, non credo tornerò in Italia». Leggi l'articolo completo su
Il Messaggero