Nella Piana Reatina partita la raccolta dei gigli da donare alla statua di Sant'Antonio

Nella Piana Reatina partita la raccolta dei gigli da donare alla statua di Sant'Antonio
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RIETI - Quando non trovi le parole, dillo con i fiori. Un gesto universale che vale per l’amicizia, l’amore, la riconoscenza e anche per la fede. Nella zona della Piana si monitorano in queste ore i giardini, ma il meteo ballerino di queste ultime settimane non ha ancora permesso al candore dei gigli di sbocciare. Andrea Martellucci è «pianarolo di nascita» e confratello della Pia Unione Sant’Antonio di Padova di Rieti da quattro generazioni, e non ha mai ricordato un giugno senza gigli. «È una cultura secolare di stampo contadino, lo facevano nonna e mamma, ora lo facciamo noi, lo faranno i figli. Le famiglie della Piana la sera del 12 o per il 13, giorno di Sant’Antonio, raccolgono una mazzo dei gigli del loro giardino e li portano in dono sotto l’altare». 


Una tradizione storica che si perde nella notte dei tempi.

Simbolo. «Il giglio è per antonomasia simbolo di purezza, condiviso come emblema parlante da tutti i santi che si distinguono per la loro austerità di vita. Per Sant’Antonio di Padova, la coincidenza temporale tra la nascita al cielo e la stagione primaverile costituisce un ulteriore elemento che facilita l’attribuzione simbolica e promuove la gentile usanza che vedeva i contadini della piana, spesso iscritti fin dalla nascita alla Pia Unione, portare al Santo i fiori in boccio coltivati ai bordi degli orti e incoraggiare i bambini a prenderne degli altri, dopo la benedizione - spiega la professoressa Ileana Tozzi – e questo scambio avveniva nel presbiterio, alle spalle della macchina processionale allestita presso l’altare maggiore, nella suggestiva penombra rischiarata dalla luce tremula delle candele». 
Quando la statua issata sulla macchina era nella chiesa di San Francesco - ora chiusa per restauro - dopo la Messa i fedeli giravano in tondo, baciavano il simulacro e sul retro attingevano ai vasi con i fiori, portandosene uno a casa. Oggi gli stessi vasi sono in Sant’Agostino di fianco alla macchina, ma il senso del gesto non cambia di certo. E la bellezza di quel gesto sta nel suo essere sempre e comunque circolare: «I fedeli donano i loro fiori in segno di devozione per il santo, ma anche di amicizia verso gli altri - dice Andrea - per questo, sotto il segno e il profumo comune del candido fiore, i cittadini donano anche perché altri possano ricevere». 

Stagione sterile. E se quest’anno la stagione non consentirà una moltitudine di fiori, pazienza. «Ciascuno prenderà un bocciolo, una foglia oppure un petalo. L’importante è che nella propria casa arrivi un simbolo, sia della fede antoniana che dell’affetto di un’altra famiglia». La professoressa Tozzi aggiunge un ulteriore nota storica: «Un tempo, il rito dei gigli era l’atto conclusivo della consegna dei primi mannelli di grano raccolti dai campi: allora – ce lo racconta Loreto Mattei nell’Erario Reatino – i buoi sfilavano in processione cavalcati dai giovani contadini, entravano in chiesa al termine della processione, e qualche deiezione era salutata come un buon auspicio per il futuro raccolto». E in attesa della fioritura, buon Giugno Antoniano a tutti i reatini.

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Il Messaggero