Impegno e qualità, da oltre 50 anni a Contigliano la ristorazione fa rima con “Le Vigne”

Impegno e qualità, da oltre 50 anni a Contigliano la ristorazione fa rima con “Le Vigne”
RIETI - È il più vecchio ristorante di Contigliano, ma i suoi 57 anni di vita non pesano assolutamente per il ristorante "Le Vigne", forte di una...

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RIETI - È il più vecchio ristorante di Contigliano, ma i suoi 57 anni di vita non pesano assolutamente per il ristorante "Le Vigne", forte di una tradizione familiare che, dai nonni, è stata trasmessa fino ai nipoti e che permette di guardare al futuro con ottimismo per questa accogliente struttura, moderna nell’aspetto, ma che non vuole assolutamente trascurare l’insegnamento della tradizione.

Correva l'anno 1968. È stato un anno fondamentale nella storia del mondo, per avere portato novità rivoluzionarie in tanti campi, e i cui effetti si percepiscono ancora oggi. In piccolo, il 1968 è stato rivoluzionario anche per Domenico Muratori che, abbandonata l’attività di agricoltore, aveva fatto la gavetta nei ristoranti romani, in particolare in uno vicino alla fontana di Trevi, il cui cuoco - lo chef neanche si sapeva cosa fosse - lo prese a benvolere, iniziando a insegnargli i rudimenti dell’arte culinaria e della ristorazione, finché “Memmo”, il suo familiare soprannome, non si sentì pronto per andare con le proprie gambe, ritornando a Contigliano per aprire in quel fatidico anno una trattoria al centro del paese.

Al suo fianco, la moglie Maria: “mani d’oro”, capaci di domare qualsiasi sfoglia e dalla particolare abilità nell’arte pasticcera. Le cose vanno bene e così nel 1973 ci si sposta un po’ fuori dal paese, in via della Repubblica, per inaugurare il ristorante “Le Vigne”, che nel 1984 sarà affiancato dall’omonimo albergo.

I passaggi. A quel punto il primogenito Arcangelo è già pienamente coinvolto nella gestione, seguito dai fratelli Giovanni e Paolo, per portare avanti una tradizione all’insegna della genuinità e della semplicità, che hanno permesso al ristorante di seguire l’evoluzione della ristorazione, sopravvivendo alle mode: «Preferisco rinunciare se non posso offrire un prodotto e ingredienti di qualità», spiega Arcangelo che, anche se potrebbe godersi una meritata pensione, grazie a un piglio dinamico e giovanile, segue sempre il locale, «diciamo da consulente», scherza, coadiuvato dalla moglie Vania, anche lei abile pasticcera, il cui cavallo di battaglia è una eccellente zuppa inglese, con pan di spagna cotto sempre nel forno a legna, crema e cioccolato di alta qualità.

A proposito, come spiega Arcangelo: «Cerco sempre di procurarmi ingredienti, verdure, carni di qualità anche se, per esempio, la coratella non profuma più come una volta, perché gli agnelli non sono allevati allo stesso modo. Ciononostante, selezioniamo bene i nostri fornitori». Pasta fatta in casa, stinchi di maiale, guanciole di vitello e tante altre portate, inclusa la pizza cotta nel forno a legna sin dal 2000, hanno fidelizzato una clientela affezionata addirittura nei decenni: come chi è tornato a festeggiare le nozze d’oro proprio lì, dove tenne 50 anni prima il banchetto di matrimonio.

Panettone e futuro. Arcangelo non sta mai con le mani in mano e così ha studiato e imparato a fare due dolci di cui è goloso: panettone e colomba pasquale. «Ne prepariamo artigianalmente circa 150 alla volta - spiega - e hanno un ottimo successo». Nel frattempo, la famiglia è cresciuta. Mentre il fratello Giovanni gestisce l’albergo, per metà adibito a residenza per anziani, e l’altro fratello Paolo affianca Arcangelo, i figli Marco e Francesca ne alleviano, ma fino a un certo punto, le fatiche, mentre la nipotina Marta già accarezza l’idea di fare la pasticcera. Merito di Arcangelo, uomo cordiale, spontaneo, ospitale che, insieme ai fratelli, ha saputo trasmettere ai discendenti i sani e semplici principi imparati dai genitori, facendo della famiglia la prima vera forza.

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Il Messaggero