Rieti, rubarono yacht di lusso: banda condannata ma il reatino si dice innocente

Aula di tribunale
RIETI - ​Un furto da film, in quattro erano saliti a bordo di un lussuoso yacth di 27 metri, ormeggiato in porto perché doveva essere sottoposto a interventi di...

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RIETI - ​Un furto da film, in quattro erano saliti a bordo di un lussuoso yacth di 27 metri, ormeggiato in porto perché doveva essere sottoposto a interventi di manutenzione, e avevano preso il largo in mare, ma la fuga era durata poco. A tradirli era stata la mancata accensione delle luci di navigazione e questo fatto aveva insospettito una motovedetta del nucleo navale dei carabinieri di Fiumicino che stava pattugliando quel tratto di mare. All’alt dei militari, l’improvvisata banda di pirati aveva tentato di seminare il mezzo dell’Arma, ma era stata raggiunta e arrestata al largo di Ostia.

A distanza di sette anni da quella vicenda, il tribunale monocratico di Civitavecchia ha condannato il quartetto, due croati e due pregiudicati italiani, uno dei quali vive in bassa Sabina, a un anno e sei mesi di reclusione per furto aggravato. In aula sono state ricostruite tutte le fasi dello spettacolare inseguimento condotto sul filo dei venti nodi, che in acqua rappresentano un’alta velocità, e quelle del furto, al quale l’imputato sabino, F.M., 50 anni, si è detto estraneo, spiegando di non essere a conoscenza di quanto gli altri avevano intenzione di compiere una volta saliti a bordo, come pure ha sostenuto l’avvocato difensore Marco Bonamici, del foro di Rieti: «Il mio cliente è estraneo al furto - ha sostenuto il penalista, sollecitando l’assoluzione - perché, tramite un suo conoscente, aveva contattato una persona che lo avrebbe fatto lavorare come cuoco sulla barca per il trasporto della stessa dal porto di Fiumicino al porto di Napoli, dove l’avrebbero dovuta consegnare al proprietario. Doveva svolgere solo le mansioni di cuoco ed era ignaro che gli altri componenti dell’equipaggio avevano manomesso il sistema di accensione della barca per rubarla». Per la procura, invece, non ci sono stati dubbi: il furto della potente imbarcazione era stato portato a termine su commissione e la banda avrebbe dovuto solo consegnare lo yacth al presunto mandante del colpo, mai peraltro individuato, che secondo le indagini si sarebbe trovato in un porto del Marocco dove già, in precedenza, erano stati individuati altri natanti di lusso rubati nel Mediterraneo. A sostegno dell’accusa, è stato poi richiamato il sequestro a bordo del mezzo, da parte dei carabinieri, di arnesi da scasso, carte nautiche e strumenti topografici, documenti falsificati e serigrafie utili alla sua contraffazione. Contro la sentenza del giudice, l’avvocato Bonamici ha preannunciato ricorso dopo il deposito delle motivazioni.
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Il Messaggero