L’anestesista Santilli condannato: «Mancata osservazione in sala». Le motivazioni della sentenza

Villa Mafalda a Roma
RIETI - Da un lato il mancato ripristino dell’apparecchio di ventilazione, dall’altro, e soprattutto, la mancata osservazione della paziente sotto anestesia. Il...

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RIETI - Da un lato il mancato ripristino dell’apparecchio di ventilazione, dall’altro, e soprattutto, la mancata osservazione della paziente sotto anestesia. Il giudice romano Riccardo Rizzi motiva così la condanna a due anni di carcere per omicidio colposo - emessa dal tribunale di Roma lo scorso 29 ottobre e che supera la richiesta del pubblico ministero Mario Ardigò, che aveva sollecitato una pena di un anno - per Pierfrancesco Dauri e per il reatino Federico Santilli, i due anestesisti che, secondo le sue conclusioni, avrebbero causato la morte di Giovanna Fatello, la bambina romana di 10 anni entrata il 29 marzo 2014 in sala operatoria nella clinica Villa Mafalda a Roma, per un intervento all’orecchio, e mai più uscita. Nella motivazione emergono una serie di concause purtroppo fatali: una manovra non compresa dell’apparecchio di ventilazione, il tempo perso nella prova di altri saturimetri, un anestetista che si assenta dalla sala operatoria un paio di volte e, soprattutto, quell’accortezza, risultata fatale, di coprire con un telo l’intero corpo della piccola, lasciarle scoperto solo l’orecchio da operare, senza poter osservare un eventuale effetto cianotico. E che in mancanza di un ossimetro, sarebbe bastata a valutare l’ossigenazione. Ma per il giudice non è stato fatto neanche quello, o almeno non in tempo. È con quasi trecento pagine di ricostruzione che il giudice spiega il motivo per cui gli anestesisti Dauri e Santilli debbano essere condannati. Santilli, che non era un dipendente della clinica romana ma, all’epoca, dell’ospedale di Rieti, specifica il giudice, «non era a conoscenza del tipo di apparecchiature presenti nella sala operatoria, né aveva in alcun modo approfondito le loro caratteristiche tecniche, né le aveva provate prima dell’inizio dell’intervento».

 

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Il Messaggero